Edifici italiani, come costruirli a prova di terremoto

20 Dicembre 2012

Lo tsunami che ha colpito il Giappone non è in alcun modo affrontabile da nessuna costruzione a causa dell’impatto laterale violentissimo di imponenti masse d’acqua; non è il caso deiterremoti, che possono invece essere “sconfitti” dall’edilizia, tanto è vero che dopo la lezione delterremoto di Kobe, sempre in Giappone, ora si costruisce in maniera antisismica per resistere a scosse che possono arrivare fino all’ottavo grado della scala Richter.

Anche in Italia le tecnologie costruttive dei nuovi edifici in zone sismiche sono ad alto livello. Soprattutto per quanto riguarda i nuovi edifici di servizio pubblico.

L’anno scorso a L’Aquila crollò proprio l’ospedale. Fu una semplice vergogna. Era nuovo, o comunque molto giovane. Sono decenni che esistono tutti i sistemi adatti per costruire in maniera antisismica. E non è né caro né complicato farlo. Basta costruire con fondamenta e pilastri specifici.

L’Italia è un Paese soggetto a terremoti, soprattutto in alcune (vaste) zone. Nulla vieterebbe di varare una legge nazionale che obblighi tutti i cantieri, almeno quelli di edilizia pubblica, a costruire in maniera antisismica, e di controllare periodicamente la staticità degli edifici.

Non si fa solo per ignoranza politica, non per incompetenza e incapacità tecniche.

In Italia infatti si costruisce bene, ma solo dove si vuole. Ne è una prova il Friuli, ricostruito con tecniche antisismiche semplicissime ed efficaci.

Un esempio per tutti l’Ospedale Gervasutta di Udine. È stato progettato nel 2001 e nel 2002 il progetto esecutivo aveva avuto tutte le autorizzazioni, compresa quella del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che notoriamente esamina ogni struttura complessa nel dettaglio. La costruzione è terminata e l’edificio è perfettamente funzionante.

Il principio è semplicissimo: inserire degli ammortizzatori in gomma tra i pilastri e le travi, così da permettere alla struttura un certo intervallo di movimento oscillatorio e sussultorio che soffochi l’effetto dell’energia trasmessa dal terremoto (energia di ingresso).

Questo consente non solo di evitare il collasso degli edifici, ma soprattutto di garantire la piena funzionalità post sisma, anche nel caso di sisma grave, a quei luoghi di importanza strategica per le operazioni di soccorso, come appunto gli ospedali.

L’oggetto protagonista si chiama isolatore. È un semplice cuscinetto di gomma speciale, ovviamente resistentissima perché deve sorreggere il peso di interi edifici, che permette però che una struttura non si muova in maniera monolitica sotto la sollecitazione di forze telluriche che provengono da più direzioni. L’edificio si muove, ma mantiene una compattezza elastica che assicura non solo la funzionalità delle apparecchiature contenute negli arredi, ma anche degli impianti inseriti nel corpo delle strutture, che è la cosa più importante.

Quello che accade infatti come primo effetto di un terremoto, oltre al crollo di parti dell’edificio, è laperdita delle funzioni primarie: energia elettrica e acqua. Cosa assolutamente improponibile per un ospedale.

Si potrebbe pensare che il Friuli sia il nostro Giappone, ma non è così: a Napoli si sta costruendo con gli stessi criteri l’Ospedale del Mare, posto in zona a grande rischio sismico, a Ponticelli, a 7,5 km dal Vesuvio. Sarà un ospedale enorme, con 15 sale operatorie, tutto completamente elastico.

Il costo di costruzione di strutture del genere è addirittura conveniente perché consente un risparmioin armatura di ferro del cemento fino al 40%.

La scelta o meno di utilizzare queste metodologie non è quindi frutto di un limite economico, ma esclusivamente, come è sempre più spesso in Italia in questi casi, di un limite culturale.