L’edificio è un organismo costruttivo con una sua vita utile e un bagaglio di prestazioni da mantenere efficienti nel tempo, con cura, se non vogliamo che la costruzione si ammali e con essa le persone che la abitano. Il degrado progressivo delle parti anche strutturali, le infiltrazioni d’acqua, le formazioni di umidità e di muffe sono le malattie più ricorrenti degli edifici costruiti in Italia negli ultimi cinquant’anni. L’abbandono di un intero organismo edilizio o di una sua parte e/o il suo sfruttamento eccessivo senza intervenire nelle varie parti che iniziano a deteriorarsi si può paragonare al corpo umano che si ammala e che invecchia precocemente fino alla rovina dell’opera divenendo così un male per chi lo abita e per chi deve mantenerlo, ma anche per la società che deve sostenerne le ricadute economiche indirette (spese sanitarie, ambientali).
In futuro potremmo costruire edifici in maniera sana secondo linee guida che organizzazioni, a vario livello, oggi emanano per rendere le costruzioni sostenibili anche dal punto di vista sociale ed economico oltre che ambientale ed energetico, come l’ANAB ad esempio. Per gli edifici già costruiti, molti dei quali certamente non sono sani dal momento che l’Organizzazione Mondiale della Sanità già nel 1983 ha riconosciuto che circa il 30% per cento delle costruzioni esistenti nei paesi industrializzati soffre della malattia nota come sindrome da edificio malato (Sick Building Sindrome). Milioni sono le costruzioni esistenti in Italia, che necessitano di interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, recupero, conservazione, adeguamento, risanamento, messa in sicurezza degli impianti. Nel 2009 il Piano Casa, nelle varie versioni regionali, ha previsto per gli edifici inadeguati interventi radicali di demolizione e ricostruzione incentivandoli con aumenti di cubatura, senza neppure considerare o risolvere, ad esempio, la gestione dell’immensa quantità di rifiuti derivante da una simile operazione invasiva del tessuto urbano e molto impattante sull’ambiente naturale. Ma prima della chirurgia pesante, del taglio, dell’asportazione, per l’esistente bisognerebbe innanzitutto incentivare interventi oculati, sensati e meno dispendiosi per tutti, rivolgendosi agli ingegneri e agli architetti come al medico di famiglia e quindi curando gli edifici e gli spazi urbani, migliorandoli, mantenendoli in vita giorno dopo giorno, apportando le necessarie modifiche o innovazioni in modo controllato e giustificato, in un’ottica rinnovata e più moderna di sicurezza e prevenzione. Quindi nell’epoca dell’acquisizione di documentazione e attestazioni a garanzia degli edifici, delle proprietà, degli utenti dei beni immobili (certificazione ambientale, strutturale, energetica, impiantistica, libretto casa, ecc.) riteniamo altrettanto utile e determinante che venga riconosciuta e incentivata la figura professionale del consulente tecnico dell’edificio come “medico curante” dell’organismo edilizio riconoscendo ad architetti e ingegneri civili il ruolo di medicina preventiva, incentivando la cultura del costruire sano e utile tra tutti i portatori d’interesse.
Fonte: Anab