Attorno alle ore 20,00 del 20 marzo, una piazzola di stoccaggio delle famigerate ecoballe campane, situata proprio nell’area antistante l’ingresso dell’inceneritore di Acerra, è andata a fuoco. Fiamme altissime ed oltre 200 vigili del fuoco impegnati nello spegnimento del rogo più tossico che si sia mai visto in Campania. Con buona pace per chi sostiene che l’emergenza rifiuti sia un ricordo del passato.
Di emergenza campana e di Ecoballe, Altrenotizie.orgse ne occupa da circa sei anni con attenzione costante. Le ecoballe prodotte dalla FIBE per anni nei sette impianti di CDR campani, realizzati per risolvere una minima parte dell’emergenza rifiuti, quella relativa ai rifiuti urbani, non sono mai state utilizzabili. Indagini della magistratura, analisi sia pubbliche sia di enti indipendenti, hanno dimostrato la loro irregolarità sia sul piano legale che su quello chimico-fisico.
Sono troppo umide per poter essere incenerite, contengono sostanze ed oggetti che avrebbero dovuto essere eliminati in fase di selezione, e che non possono essere bruciati. Nessun impianto d’incenerimento, e non solo in Italia, è in grado o è disposto a bruciare combustibile derivato dai rifiuti che, nella migliore delle ipotesi, farebbe balzare alle stelle le emissioni nocive, ben oltre i limiti di legge, nonostante filtraggi e attenzioni varie riguardo i fumi. Nella peggiore, potrebbero addirittura danneggiare gli impianti d’incenerimento.
Non possono essere indirizzate verso alcuna discarica, si tratta di rifiuti speciali che hanno bisogno di discariche di tipo II B, e sommando la capacità di tombamento di tutta l’Italia, non si potrebbe smaltire che una piccola parte di CDR, saturando tutto il sistema nazionale di discariche.
Niente discariche, impossibile esportarle poiché sono talmente velenose che nessuno le vuole, niente incenerimento; in pratica al momento – anche da un punto di vista puramente scientifico – il problema non ha soluzione: non si sa cosa fare dei 4 milioni e mezzo di ecoballe (ciascuna pesa 1,4 tonnellate) sparse principalmente sul territorio campano.
Senza soluzione tecnica, ma pesano tutte, una ad una, quelle ecoballe, sul groppone politico di chi è responsabile della loro eliminazione, e della bonifica del territorio martoriato dai veleni. Per questo motivo, non è remota la possibilità, come avvenuto per altri motivi all’Aquila in occasione del terremoto, che stanotte qualcuno abbia brindato: si è liberato di una piccola quantità di quel veleno non eliminabile.
E qui le cose si complicano. Dai primi rilievi effettuati, appare chiaro che l’incendio è di natura dolosa. Ad appiccare il fuoco sarebbe stato un dispositivo a tempo, collocato attraverso due fori sotto il telone protettivo. In due punti, uno verso nord e uno verso ovest. Tecnicamente, si voleva distruggere appositamente il sito: due focolai iniziali, perpendicolari tra loro, per generare due fronti di fiamma. Fiamme e fumo, ma stavolta senza i filtri attivi applicati in fase di post-combustione dagli impianti d’incenerimento, ma a cielo aperto. Paradossalmente, il danno sarebbe stato minore se fossero state incenerite, pertanto è sintomatico che nessun inceneritore abbia voluto procedere alla combustione.
Le fiamme hanno immediatamente superato i 20 metri di altezza, ben visibili anche dai comuni limitrofi, hanno scatenato panico e allarmismo in tutta la zona. I vigili del fuoco sono intervenuti immediatamente con 6 squadre di circa 40 unità ciascuna, e tre autogru per separare le balle del fronte fiamma dal resto della piazzola, la numero 2 dell’area di Pantano ad Acerra.
Non si è potuto procedere immediatamente con lo spegnimento: i Vigili del Fuoco hanno dovuto attendere i militari del l nucleo specializzato NBCR, sigla che sta per Nucleo batteriologico e Contaminazioni Radioattive, per la messa in sicurezza del sito.
Gli interrogativi a questo punto si moltiplicano: la zona di Pantano, non solo l’inceneritore ma anche le piazzole per le ecoballe, compresa quella andata a fuoco, sono state dichiarate, all’inizio del governo Berlusconi del 2008, “area di interesse strategico nazionale”. In pratica, sono zone militari sottoposte ad un vero e proprio segreto di Stato. L’area dell’inceneritore, ed anche la piazzola numero 2, sono sottoposte ad un controllo perimetrale da parte dell’esercito, 24 ore su 24. Allora la domanda spontanea è: com’è possibile entrare in una zona militare, bucare il telone in due punti, applicare un dispositivo a tempo per accendere l’incendio, e andare via senza essere visti?
Il danno è enorme. La nube tossica è già stata spinta dai venti un po’ ovunque, a quest’ora le ceneri sono già ricadute sulla Campania. Impossibile indicare con certezza chi sia il mandante, anche perché sono in parecchi ad avere interesse a far sparire le ecoballe. Probabilmente, nei prossimi giorni s’inizierà a parlare per l’ennesima volta, sui giornali e in TV, di camorra, si userà ancora una volta l’alibi camorristico per seppellire motivazioni politiche.
Sta a chi ha a cuore il problema, provare a smentire l’eventuale depistaggio dell’opinione pubblica. La camorra, se è entrata nella vicenda, al limite ha messo a disposizione della manovalanza per l’esecuzione, ma le responsabilità politiche sono certamente più grandi rispetto a quelle della criminalità organizzata.
Tanto per fare un esempio, nel territorio del comune di Acerra giacciono (o meglio giacevano) 58.000 tonnellate di ecoballe. Il tutto in modo non legale o in deroga alle leggi vigenti, alla luce di un’emergenza che non è mai finita.
Quando si dice “in modo non legale” ci si riferisce ad esempio, – ma non solo – al fatto che le piazzole di Pantano sono sprovviste di Valutazione di Impatto Ambientale. Ebbene, le ecoballe di Pantano sono state soggette ad un’ordinanza della Provincia di Napoli, firmata dal presidente Luigi Cesaro, del giugno 2011.
In tale ordinanza, Cesaro ordinava la rimozione delle ecoballe disseminate per Acerra in tanti piccoli terreni, e individuava proprio nella piazzola 2 di Pantano il sito dove stoccarle temporaneamente. Essendo la piazzola priva di VIA, lo stoccaggio non poteva superare i 90 giorni: le ecoballe andavano sgomberate entro 90 giorni.
I 90 giorni sono passati da parecchio, e la presidenza della Provincia di Napoli non è stata in grado di risolvere il problema, reperire un sito adatto e sgomberare le ecoballe. Ora, come per miracolo, il problema è risolto: la piazzola due è stata sgomberata. Dalle fiamme.