Abitare un luogo, scriveva Luigi Zanzi, in Le case dei Walser sulle Alpi della Fondazione Enrico Monti – è qualcosa di assai diverso che l’insediare in esso una costruzione: l’abitare un luogo comincia con l’aver cura di esso, nel senso di un disegno vitale che sappia far sì che quel luogo stesso diventi la radice della propria cultura, la risorsa prima della propria sopravvivenza, l’occasione creativa per l’invenzione della propria sorte.
Tutti ormai sappiamo che oggi oltre il 40% delle emissioni di gas serra proviene proprio dagli edifici pubblici e privati, non certo nati secondo i criteri di cui parla Zanzi.
Fortunatamente negli ultimi anni una nuova “coscienza ambientale e architettonica” sta prendendo sempre più piede. Anche in Puglia. In provincia di Brindisi, in un paesino chiamato Ceglie Messapica, stanno infatti per sorgere bellissimi appartamenti di 100 mq costruiti rispettando l’ambiente. E la notizia più sorprendente è che i finanziamenti per la realizzazione di questi bio-edifici provengono dalla Regione Puglia, in un quadro più ampio di riqualificazione delle periferie. L’obiettivo è quello di dare alle fasce più svantaggiate la possibilità di comprare casa nel proprio comune. Perché una casa in classe A può non costare di più di quelle tradizionali.
Ne costituisce un esempio “La piccola residenza”, un edificio costruito a Milano secondo criteri di bioedilizia e con prezzi concorrenziali. Gli esempi da citare sono davvero tanti, ma li troviamo soprattutto nel Nord Italia dove sono sorte anche le prime case popolari sostenibili (in provincia di Lucca). Il piccolo paese pugliese, invece, è un bell’esempio di “bioedilizia meridionale” e risponde a tutte quelle obiezioni secondo cui costruire rispettando l’ambiente e il portafoglio è possibile solo nell’Italia settentrionale. Le case, situate nella zona PEEP di Ceglie Messapica saranno interamente costruite con materiali ecologici, pannelli solari e infissi di ultima generazione. Garantiranno un notevole risparmio energetico e le acque saranno trattate con un sistema di depuratori che assicureranno il minimo inquinamento. Saranno assegnate alle famiglie con una procedura simile a quella usata dall’Istituto autonomo per le case popolari, ma gestita dal Comune con una graduatoria basata sulla reale condizione di necessità per le famiglie in emergenza abitativa. L’augurio è che questo bell’ esempio di civiltà venga presto seguito anche da altre amministrazioni comunali meridionali e settentrionali perché il “prendersi cura” del luogo in cui si vive significa prima di tutto prendersi cura di se stessi e delle generazioni future.
Fonte: ArchitetturaEcosostenibile