Se c’è una lezione che si può trarre dall’incidente di Fukushima è questa: quello che sembra impossibile può verificarsi. E se non si è preparati possono essere guai, come è successo appunto in Giappone. Anche le centrali nucleari americane devono attrezzarsi per prevedere l’imprevedibile.
È il succo di un nuovo rapporto appena pubblicato dalla National Academy of Sciences (NAS) degli Stati Uniti, intitolato “Lessons Learned from the Fukushima Nuclear Accident for Improving Safety of U.S. Nuclear Plants”. Commissionato dal Congresso all’indomani dell’incidente di Fukushima, il documento è stato elaborato nell’arco di due anni da una task force di 21 specialisti.
L’incidente di Fukushima, così come quelli di Three Mile Island e Černobyl, è stato causato da una concatenazione di eventi che non era stata preventivata in fase di progettazione dell’impianto. La NAS individua tre aree principali di rischio:
- eventi esterni estremi. Fukushima rientra in questa categoria, perché lo tsunami del 2011 è stato superiore a tutti quelli del passato
- errori umani e malfunzionamenti a catena. È il caso di Three Mile Island, dove l’errore umano si è sommato ai guasti della strumentazione
- violazione deliberata delle norme. A Černobyl i tecnici avevano disabilitato i sistemi di sicurezza per condurre un esperimento non autorizzato.
Per la NAS dunque non basta l’approccio deterministico seguito finora: i processi di approvazione dei reattori e le norme regolatorie devono includere i principi più moderni di valutazione del rischio. In particolare, rivolgendosi all’industria nucleare americana e alla Nuclear Regulatory Commission (NRC), il documento raccomanda di rafforzare l’allocazione di risorse e la formazione del personale per fronteggiare situazioni senza precedenti e non previste.
Fonte: NuclearNews