Change We Care, un progetto per salvare la biodiversità dell’Adriatico

23 Novembre 2021

La biodiversità dell’Adriatico è in pericolo: ecco in che modo il progetto europeo Change We Care interviene per salvarla, individuando e realizzando misure sostenibili.

Cosa hanno in comune le coste adriatiche tra Italia e Croazia? La necessità di aumentarne la resilienza ai cambiamenti climatici!

La biodiversità è a rischio, lo stato di salute dell’ecosistema marino adriatico è sotto la lente di ricercatori, amministrazioni pubbliche e cittadini che non vogliono perdere questo bene prezioso.

Gli effetti dei cambiamenti climatici lasciano prevedere delle conseguenze di disequilibrio sia per l’ambiente, sia per gli esseri umani. Vanno individuate e realizzate presto delle misure sostenibili.

Diversamente, si rischia un deserto marino, causato non solo dall’overfishing, ma anche dagli inquinanti e dall’aggressione dei cambiamenti climatici. Ne è convinto anche il team degli undici partner italo-croati che sta lavorando a Change We Care, il progetto europeo di coesione territoriale Climate cHallenges on coAstal and traNsitional chanGing arEas: WEaving a Cross-Adriatic Response con capofila il Cnr Ismar (Istituto di Scienze Marine) di Venezia, che terminerà a dicembre 2021. Conoscere, monitorare e risolvere, le tre componenti che hanno portato l’Europa a finanziare il progetto con 2.700.780 euro del programma Interreg V-A-Italia-Croazia, di cui 2.295.663 euro del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fesr), dimostrando che si può fare bene all’ambiente, anche attraverso l’uso consapevole dei fondi europei.

Change We Care: l’Adriatico è osservato speciale

Entro la fine del 21esimo secolo si prevede un innalzamento del livello del mare che potrebbe raggiungere i 40-75 cm, fino ad arrivare a oltre 1 metro, come segnalano gli studi presentati durante la conferenza finale di Change We Care, organizzata dal Cnr Ismar e dai partner di progetto. Non c’è molto tempo, bisogna intervenire. Cinque i siti pilota presi in esame, di cui due in Italia: Delta del Fiume Po, tra la Regione Veneto e l’Emilia Romagna e il Banco della Mula di Muggia, in Friuli Venezia Giulia e tre in Croazia: il Lago di Vransko, la Baia di Kaštela e il fiume Jadro e il Delta del fiume Neretva. Luoghi rappresentativi delle diverse tipologie di aree costiere adriatiche, sui quali sono applicate le conoscenze tecniche sullo stato ambientale e conservativo attuale e sulla possibile loro evoluzione, a causa delle particolari problematiche, dovute agli effetti negativi che i cambiamenti climatici determinano nella biodiversità delle zone costiere.

Ambienti naturali dalle molteplici peculiarità, caratterizzati da realtà socio-economiche, ambientali, strutturali e infrastrutturale complesse e delicate allo stesso tempo, che richiedono l’individuazione di buone prassi e strategie adattative per uno sviluppo più sostenibile. Gli interessi socio-economici nell’area dell’Adriatico sono connessi con la salvaguardia del mare e della biodiversità e quindi è fondamentale conoscere e monitorare gli effetti dei cambiamenti climatici e riuscire a pianificare le necessarie misure di mitigazione e adattamento.

Analizzare i rischi nelle aree costiere e di transizione, per una migliore comprensione dell’impatto dei cambiamenti climatici sui regimi idrici, sull’intrusione salina, sul turismo, sulla biodiversità e sugli ecosistemi agricoli che interessano l’area di cooperazione e che hanno delle rilevanti ripercussioni oltre che sulla flora e fauna locale, anche sulla popolazione di quei territori.

La risposta arriva da un lavoro partecipato

I problemi del mare coinvolgono anche i cittadini. La ricetta salva Adriatico ha alla base, conoscenze più ampie e più accessibili a disposizione degli scienziati e dei ricercatori, delle autorità politiche e degli operatori dell’area di cooperazione, ma anche la sensibilizzazione dei cittadini sugli impatti del cambiamento climatico e sulla pianificazione di possibili misure di adattamento, per lo sviluppo di possibili risposte condivise con i territori.

A questo si associa una necessaria e più accurata valutazione prognostica dell’evoluzione dei sistemi costieri e di transizione nell’ambito degli scenari di cambiamento climatico e lo sviluppo di criteri condivisi di pianificazione dell’adattamento al cambiamento. Lo studio del territorio e delle tendenze evolutive sulla biodiversità, sull’uso del suolo e sulle attività economiche, come pesca, turismo e agricoltura, sono tra gli obiettivi del progetto. L’approccio è innovativo nella sua metodologia, in quanto basato sulla costituzione e condivisione di conoscenze coordinate tra diversi attori e la definizione, basata sulle sperimentazioni nei siti pilota, di misure di adattamento, flessibili e trasferibili, per affrontare la variabilità delle caratteristiche del paesaggio costiero.

L’identificazione delle criticità legate ai cambiamenti climatici, vengono colte da differenti punti di osservazione, da un lato quelli scientifici e dall’altro quelli degli enti pubblici, degli operatori turistici, delle istituzioni scolastiche, dei giovani, delle associazioni ambientaliste e di categoria, dei molluschicoltori e dei pescatori. Tutti sono parte integrante dello sviluppo del progetto, in quanto soggetti che vivono e lavorano in quei luoghi e cercano quindi una risposta comune ai bisogni di salvaguardia ambientale di quei territori.

Per fare questo, la necessità del coinvolgimento diretto e partecipato attraverso i dibattiti locali, che hanno permesso di raccogliere suggerimenti e opinioni utili per la successiva definizione di strategie di risposta agli effetti del cambiamento climatico e la futura elaborazione e stesura delle linee guida dei Piani di Adattamento e mitigazione Climatico, specifici per le cinque aree pilota.

L’ambizioso destino di Change We Care è di proseguire anche oltre dicembre 2021, essere sostenibile, quindi, anche da un punto di vista temporale e arrivare a costruire un ponte ideale tra un dataset e strumenti concreti, secondo un ordine di priorità delle criticità riscontrate, individuando poi delle buone pratiche e possibili soluzioni condivise. Arrivare a sviluppare delle metodologie per una comune risposta, tra gli amministratori e i tecnici, ai problemi causati dagli eventi climatici avversi, per evitare il rischio di indisponibilità di acqua potabile, irrigua e ripercussioni anche per la produttività dell’itticoltura. Pianificazioni integrate e condivise che affrontino gli impatti fisici, geomorfologici, ecologici, socio-economici e agro-sistemici e che definiscano precise misure di adattamento per le aree costiere adriatiche vulnerabili, di cui beneficeranno oltre 10 milioni di abitanti.


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