La notizia che Expo 2015, che si dovrebbe tenere a Milano fra cinque anni, si è impantanata nelle risse fra gli enti locali lombardi e si trova in gravi difficoltà finanziarie anche a seguito dei tagli nei finanziamenti agli enti locali lombardi imposti da Giulio Tremonti, oltre che a preoccupare il quartier generale parigino, è arrivata anche in Turchia. Dove, invece, la notizia sulle difficoltà di avvio dell’Expo milanese, hanno suscitato nuove speranze.
Infatti la Turchia (che candidava, come sede dell’Expo 2015, la sua città di Smirne) era stata battuta da Milano sia pure sul filo di lana a Parigi. Adesso, in Turchia, si sta meditando la rivincita. Da Ankara infatti sono venute delle offerte di disponibilità a subentrare a Milano nelle migliori condizioni cioè nell’ambito di un ben più ampio contratto di amicizia e collaborazione con Milano e la Lombardia e, in genere, con l’Italia intera. La Turchia, nei riservati pour parler, che vengono rivelati in esclusiva da ItaliaOggi, sarebbe, non solo disposta a rifondere i costi già sin qui sostenuti dagli organizzatori dell’Expo meneghina, ma anche a fornire una congrua somma a mo’ di avviamento-risarcimento che potrebbe servire a coprire il baratro che Tremonti ha aperto nei conti degli enti locali milanesi e, in particolare, della Regione Lombardia che, dalla manovra del governo (pur essendo la regione più efficiente d’Italia; anzi, proprio per questo) ha tratto il massimo danno.
Fra i big politico-amministrativi lombardi che stanno organizzando lo sforzo, per il momento inane (non è stato ancora deciso come acquisire le aree, ad esempio) per riuscire a organizzare l’Expo a Milano, l’offerta di Smirne viene seguita con grande attenzione. L’alternativa è: fare una brutta figura adesso, o farla al momento dell’inaugurazione dell’avvenimento? Farla adesso, significa non perdere risorse. Anzi, averne di nuove ed aggiuntive. Oltrettutto, molte opere complementari all’Expo (come la Pedemontana, l’alta velocità a Malpensa e le nuove linee metropolitane a Milano sono già state in gran parte finanziate o sono addirittura in corso di realizzazione). E poi, questa soluzione di rinuncia, potrebbe essere attribuita (peraltro motivatamente) alle conseguenza della crisi economica internazionale che, tagliando i bilanci pubblici, ha tolto ossigeno anche a questa grande iniziativa. Fallire a ridosso dell’inaugurazione invece (con padiglioni ridimensionati, partecipazioni nazionali ridotte e cosi via) sarebbe un insuccesso che verrebbe attribuito, a livello internazionale, alla incapacità di portare a termine questo grande progetto e quindi con un’inaccettabile ricaduta negativa sull’immagine complessiva dell’Italia a livello mondiale.
A questo punto sorge però, inevitabilmente, una domanda. Come mai la Turchia che, anch’essa, è stata colpita dalla crisi economica internazionale, riuscirà a trovare le risorse che l’Italia non riesce a mobilitare per realizzare l’Expo? La spiegazione è semplice.
Primo, perché, mentre l’Italia sta crescendo all’1% annuale del pil, con tendenza al ribasso, la Turchia sta crescendo al 4,5%, con tendenza al rialzo.
Secondo, perché la Turchia, rigettata dall’Eu, che ne rimanda continuamente il processo di adesione, vede, nell’Expo di Smirne, il modo di reinserirsi nel contesto internazionale, diciamo occidentale, dopo che essa ha costruito la sua nuova leadership nel Medio Oriente con l’apertura di nuovi e più intensi (ed anche più imbarazzanti) canali di collaborazione con paesi come la Siria e l’Iran. Per la Turchia, quindi, l’Expo a Smirne sarebbe il modo, fra l’altro, di bilanciare verso il resto del mondo non islamico, una posizione che oggi è troppo squilibrata verso paesi difficili (come la Siria) o addirittura “canaglia” (come l’Iran) .
Fonte: ItaliaOggi