All’alba di ieri attivisti di Greenpeace sono riusciti a scalare la piattaforma petrolifera Stena Don, situata nelle gelide acque al largo della Groenlandia, eludendo l’imponente schieramento militare della marina danese. I quattro esperti climber, provenienti da Stati Uniti, Finlandia, Germania e Polonia, sono riusciti a bloccare le operazioni di perforazione e sono equipaggiati per rimanere appesi sulla piattaforma diversi giorni.
Le grandi compagnie petrolifere devono restare fuori dall’Artico. Piattaforme come questa , impegnate in esplorazioni petrolifere – avverte Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace – potrebbero far scattare la scintilla della corsa al petrolio nell’Artico, mettendo a rischio questo fragile ecosistema e il clima globale. Il disastro del Golfo del Messico ha chiaramente dimostrato che è tempo di liberarci della schiavitù del petrolio.
Se gli attivisti riusciranno a bloccare tali operazioni anche per pochi giorni sarà difficile per la compagnia britannica Cairn Energy terminare le attività di esplorazione prima dell’arrivo dell’inverno, quando le rigide condizioni ambientali renderanno impossibile ogni attività di ricerca di petrolio.
Fermare questo mostro durante le prossime settimane – continua Monti – vorrebbe dire fermare ogni attività petrolifera nell’Artico fino al prossimo anno, un tempo che speriamo sia sufficiente a ottenere una moratoria mondiale per l’ estrazione di idrocarburi in alto mare.
I climber sono partiti a bordo di gommoni provenienti dalla Esperanza, una delle navi di Greenpeace, impegnata da qualche settimana in un tour nell’Artico contro le perforazioni petrolifere, mentre un’altra delle navi, l’Arctic Sunrise, si trova nel Golfo del Messico per svolgere analisi indipendenti sull’impatto della marea nera.
Fonte: Il sostenibile