Nato alla fine degli anni ‘80, in seguito all’incendio dei cantieri dell’azienda omonima, il Campus Vitra rappresenta un caso più unico che raro di connubio tra il mondo dell’architettura e quello dell’industrial design. Il progetto venne in mente all’amministratore, lo svizzero Rolf Fehlbaum che, dopo il disastroso incidente, cerco un modo per affermare la corporate identity della ditta attraverso due operazioni contemporanee.
Da un lato una collezione delle cento sedute che hanno fatto la storia del design del ‘900. Dall’altro, una ‘collezione’ architettonica con gli edifici del Campus commissionati a vari architetti con la supervisione di Nicholas Grimshaw: un museo di Frank Gehry, un centro congressi di Tadao Ando, una stazione dei vigili del fuoco di Zaha Hadid, una fabbrica di Álvaro Siza.
Lo straniamento -voluto- è completo. Lavori distanti tra loro, che generano uno spaesamento fortissimo eppure con dei tratti riconducibili. L’arte funzionale in un contesto industriale niente affatto omogeneo che però, svela il valore altissimo del design e dell’architettura applicate ai bisogni e le esigenze della contemporaneità.
Torniamo a parlarvi della Vitra perché, se la collezione di sedie -l’oggetto che viene principalmente prodotto da Vitra– viene arricchita costantemente, diverso è l’approccio (per ovvie ragioni logistiche ed economiche) alle strutture. Progetti stilati negli anni ‘50, ad esempio, hanno visto la luce e la fine dei lavori solo nello scorso decennio. La buona notizia è ch nel marzo prossimo, gran parte del Campus e la VitraHaus saranno aperti al pubblico.
fonte: designerblog.it