La foresta urbana, strumento di equità sociale

1 Agosto 2022

«Forestazione urbana» è oggi una delle espressioni più in voga fra gli architetti, ma cosa sia, come si pratichi e che effetti reali possa avere, rimane sempre molto nebuloso. Lo Sherpa prosegue l’esplorazione di questo lato dell’immaginario della foresta chiedendo a Francesco Ferrini del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari Ambientali e Forestali dell’Università di Firenze, riconosciuto internazionalmente come uno dei maggiori esperti del rapporto fra vegetazione e città.

Nella scorsa primavera, con l’attenuarsi delle restrizioni sul Coronavirus in tutto il mondo, molti di noi si sono riversati nei parchi per una passeggiata rigenerante, per prendere un po’ d’aria fresca ma, soprattutto, per riprendere quel contatto, anche solo visivo, con la natura. 

Ritemprarsi nella natura rappresenta una necessità per «staccare», anche se temporaneamente, dal ritmo e dalle condizioni in cui conduciamo le nostre vite alle quali gli stili di vita della società contemporanea impongono ritmi pressanti. Già nel Seicento, il matematico, fisico, filosofo e teologo francese Pascal (cui è stata intitolata l’unità di misura della pressione) scriveva: «Quando mi sono messo talvolta a considerare le diverse agitazioni degli esseri umani e i pericoli e le pene a cui si espongono (…) ho scoperto che tutta l’infelicità degli esseri umani deriva da una sola cosa e cioè non saper restarsene tranquilli in una stanza…». Nel nostro caso potremmo dire «tranquilli in un parco».

Quante volte abbiamo infatti pensato o parlato, o udito parlare e letto delle problematiche «urbane» e dei possibili rimedi ai mali, concludendo, invariabilmente, che essi rappresentano logiche conseguenze o inevitabili concomitanze di situazioni da cui, tuttavia, otteniamo molti vantaggi? Quante volte, dunque, tutto ciò ci è parso praticamente irrimediabile?

Tuttavia, soprattutto nelle grandi città con periferie trasformate in dormitori privi di servizi e aree per svago, le condizioni di vita, non solo socioeconomiche potrebbero influenzare notevolmente i paesaggi che le persone trovano durante queste passeggiate, in particolare la quantità di verde che è probabile che vedano e della quale possono realmente fruire.

La correlazione tra copertura arborea urbana e reddito è ben documentata nelle città di tutto il mondo. Questo è spesso il sottoprodotto della disuguaglianza storica: le decisioni sulle infrastrutture prese decenni fa, comprese quelle sulla creazione di aree verdi, hanno beneficiato (ingiustamente) soprattutto i quartieri ricchi. Ciò continua ad avere un impatto sui servizi forniti oggi ed è un fattore di «disequità»[1] economica e sociale attuale e futura (chiedo scusa per l’uso di questo neologismo, ma non è lo stesso di disuguaglianza, spesso usato al suo posto). In questo contesto assumono rilevanza le «foreste urbane»[2] per i vantaggi che esse forniscono alle persone, il che significa che la loro presenza o assenza può contribuire creare effetti diversi in termini di salute, ricchezza e benessere generale.

Ma cosa succederebbe se la realizzazione «strategica» di aree verdi potesse aiutare le città a combattere le disequità e contribuire a ripensarle dopo il Covid-19? Le città possono e devono affrontare in modo proattivo la disuguaglianza nella pianificazione dei nuovi spazi verdi per rendere gli ambienti più equi e migliorare la vita dei residenti (Ferrini, 2020; Ferrini e Gori, 2020).

 

Pianificazione della «foresta urbana» e disequità esistenti

È stato più volte detto che le città devono affrontare sfide importanti per la qualità della vita e per la gamma di opportunità che gli ambienti urbani possono offrire ai loro residenti e non c’è alcun dubbio che le aree metropolitane sono, e saranno sempre più, i motori della crescita economica e ospitano e ospiteranno la maggior parte dei posti di lavoro. Svolgono, inoltre, un ruolo chiave nella creazione di nuove idee, come centri di innovazione economici, industriali e della conoscenza. Allo stesso tempo pongono tutta una serie di problemi ambientali determinati dall’inquinamento, dalle isole di calore urbano e devono affrontare le difficoltà causate dalla coesione sociale, dalla gentrificazione, ecc. La coesione sociale coinvolge le dinamiche interpersonali e il senso di connessione tra le persone. Una maggiore coesione sociale può essere associata a vari benefici per la salute fisica e psicologica e la presenza di spazi verdi urbani può incoraggiare interazioni positive che coltivano la coesione sociale in modi che migliorano la salute e il benessere (Jennings et al., 2019).

In questo contesto gli individui e i gruppi sociali affrontano sfide uniche e richiedono diversi livelli di supporto in base alle loro esigenze specifiche. L’espansione e la protezione degli spazi verdi pianificati e progettati senza tener conto della necessità di raggiungere l’equità sociale possono peggiorare le disuguaglianze spaziali e sociali e rafforzare la mancanza di accesso delle comunità emarginate ai benefici che i parchi urbani forniscono.

La realizzazione e la manutenzione di infrastrutture verdi – come parchi, aree verdi fluviali, aree boscate e alberature stradali – possono comportare costi elevati che le comunità potrebbero non essere in grado di permettersi. Inoltre, le differenze nella rappresentanza politica delle comunità e negli interessi economici delle città per attirare residenti e turisti ricchi possono influire sul processo decisionale negli spazi verdi pubblici ed è necessario trovare soluzioni che evitino la gentrificazione di alcuni quartieri, cioè il progressivo cambiamento socioculturale di un’area urbana da proletaria a borghese a seguito dell’acquisto di immobili, e loro conseguente rivalutazione sul mercato, da parte di soggetti abbienti. 

Ad esempio, il restauro del Prospect Park di New York City ha aumentato i valori immobiliari e ha attirato nuovi residenti ricchi, allontanando invariabilmente i residenti più poveri dall’area, in particolare la popolazione afroamericana (Gould e Lewis, 2012). Ancor più eclatante è il caso della High Line, sempre a New York.

Storicamente, i gruppi «ambientalmente poveri» guidano movimenti per la giustizia ambientale basati sulle minacce alle loro comunità e i gruppi «ambientalmente ricchi» cercano ulteriori servizi ambientali, come piste ciclopedonali, mercati degli agricoltori locali, percorsi vita, ecc. Se la pianificazione delle aree procedesse lungo linee di «classe ambientale» in modo molto simile al reddito, ci aspetteremmo che i ricchi dal punto di vista ambientale diventino più ricchi e i poveri dal punto di vista ambientale diventino più poveri. Ecco perché è importante che le future aree verdi debbano essere collocate laddove maggiori sono le situazioni di «sofferenza ambientale».

Le decisioni sull’uso del suolo e sull’ubicazione dei parchi urbani e delle infrastrutture verdi possono infatti avere effetti notevoli a livello sociale e spostare in modo sproporzionato i residenti poveri o le comunità informali prive di proprietà fondiaria, diritti di utilizzo e rappresentanza. A Mumbai, ad esempio, la protezione delle foreste di mangrovie ha alimentato lo sgombero dei residenti degli slum, mentre continua lo sviluppo di alto livello nelle aree interessate dalle mangrovie (Sapana Doshi, 2019).

Inoltre, gli spazi verdi urbani possono creare barriere alla parità di accesso quando non sono progettati con un obiettivo esplicito per soddisfare le esigenze di gruppi svantaggiati, includendo in questi persone con disabilità, anziani, bambini e altri gruppi emarginati, ma anche il genere. Il tipo, la densità e il mantenimento della vegetazione influenzano infatti il modo in cui si sentono sicuri gli utenti del parco può variare in base al sesso (le donne sono più facilmente vittime di reati quali violenza fisica e sessuale), all’età, alla razza e allo stato socioeconomico.

Quando gli spazi verdi urbani sono distribuiti in modo diseguale, lo sono anche i vantaggi che forniscono. I residenti a basso reddito hanno maggiori probabilità di vivere in quartieri più caldi ed essere esposti a livelli più elevati di inquinamento atmosferico rispetto a quelli che vivono in aree più ricche, spesso a causa del minor numero di servizi ecosistemici forniti dalle aree verdi. Hanno anche maggiori probabilità di subire gli impatti delle ondate di calore sulla salute[3] e gli effetti delle inondazioni delle acque piovane rispetto alle loro controparti nei quartieri più ricchi e più verdi.

Studi recenti hanno anche mostrato una correlazione tra l’aumento dell’inquinamento atmosferico e tassi di mortalità più elevati da Covid-19. Le foreste urbane, se progettate correttamente, possono aiutare a migliorare la qualità dell’aria, dimostrando la necessità di un’equa distribuzione degli alberi urbani per evitare di rafforzare le disuguaglianze nella salute e nel benessere dei cittadini.

Gli spazi verdi possono contribuire a rendere i quartieri a basso reddito meno vulnerabili ai rischi climatici e sanitari abbassando le temperature locali, migliorando la qualità dell’aria e mitigando le inondazioni e avere altre esternalità positive che possono essere particolarmente importanti nei quartieri scarsamente serviti, come fornire aree per il tempo libero e la vita della comunità, creare strade più sicure e vivibili e ridurre i costi energetici degli edifici associati soprattutto al condizionamento estivo.

Gli spazi verdi urbani possono essere dunque uno strumento prezioso per creare condizioni di parità per le comunità svantaggiate in un’ampia gamma di contesti, inclusi i benefici economici e sanitari, maggiore sicurezza e resilienza agli eventi calamitosi. Per raggiungere questo obiettivo, i progetti che mirano a migliorare lo spazio verde urbano per essere realmente equi devono avere il consenso delle comunità.

In quest’ottica le città possono, o meglio devono, compiere tre passi cruciali per assicurarsi che i benefici sanitari, economici e ambientali degli spazi verdi urbani diventino motori di una maggiore equità sociale.

 

1. Stabilire una forte leadership politica

I comuni dovrebbero stabilire una forte leadership politica, intesa non in senso di politica di appartenenza a un partito, ma nel senso della legittimità sociale nella cornice definita dai media, che dia la priorità alle comunità svantaggiate nei progetti di infrastrutture verdi urbane e protegga i benefici sociali a lungo termine dagli interessi economici a breve termine. 

 

2. Coinvolgere le comunità in modo significativo

L’impegno proattivo e significativo della comunità è essenziale per garantire il coinvolgimento locale nei progetti di recupero e conservazione con sessioni di brainstorming con le principali parti interessate, ampie sessioni pubbliche e consultazioni online. 

Tuttavia, l’impegno e il coinvolgimento della comunità non dovrebbero significare il dipendere dai residenti e dai proprietari privati per piantare e mantenere nuovi alberi. Questo approccio tende infatti a essere più efficace nei quartieri più ricchi, dove i residenti hanno le risorse finanziarie per acquistare e prendersi cura dei giovani alberi. Collaborare con organizzazioni locali e affidabili può essere una strategia fondamentale per creare fiducia e garantire che le tecniche di comunicazione e partecipazione siano appropriate ed efficaci.

 

3. Sviluppare modelli di finanziamento innovativi

Un’equa pianificazione del verde urbano richiede finanziamenti innovativi per aiutare le amministrazioni cittadine a creare o rigenerare spazi verdi in quartieri scarsamente serviti, proteggendo la proprietà della comunità per prevenire la gentrificazione. Un modo per farlo è con i Social Impact Bond, strumenti innovativi di impact investing destinati alla realizzazione di progetti di pubblica utilità, con una remunerazione degli investitori solo in caso di effettiva generazione di impatto sociale positivo, opportunamente misurato, che consentono ai comuni di condividere il rischio con gli investitori, riducendo la loro responsabilità e i costi di finanziamento per progetti futuri.

Ad esempio, Atlanta ha emesso un’obbligazione da 14 milioni di dollari, che si è conclusa a inizio 2019, e sta finanziando sei progetti di infrastrutture verdi per la gestione delle acque piovane in quartieri in difficoltà economiche e ambientali che in precedenza non avevano accesso ai finanziamenti e porre rimedio all’inquinamento ambientale nei quartieri scarsamente serviti (Jennings et al, 2017). L’Environmental Impact Bond rappresenta un nuovo approccio per finanziare progetti di resilienza. Washington, DC li ha utilizzati per finanziare lo sviluppo della forza lavoro locale attraverso una Green Collar Jobs Initiative[4].

Gli strumenti finanziari classici possono anche essere adattati per indirizzare gli investimenti verso i quartieri meno serviti. Ad esempio, la California ha stabilito criteri di equità per i fondi raccolti tramite obbligazioni generali per finanziare parchi in quartieri scarsamente serviti. I fondi raccolti sono quindi prioritari per i progetti che impediscono lo spostamento dei residenti.

 

Un futuro più verde e più equo per le città

L’adozione di un approccio di equità sociale nel processo decisionale nella forestazione urbana può, in definitiva, aiutare le città a rendere gli spazi verdi uno strumento essenziale per affrontare le disuguaglianze esistenti, costruendo al contempo resilienza e benessere locali. Se fatto correttamente, può anche ridurre il rischio di conflitti, rafforzare il consenso della comunità e sfruttare le conoscenze locali e i social network dei residenti.

A breve termine, l’attuazione di migliori pratiche di gestione delle foreste urbane renderà le passeggiate più piacevoli nei quartieri quando la polvere della pandemia di coronavirus si depositerà. A lungo termine, queste pratiche aiuteranno le comunità locali a essere più verdi, più sane e più eque.