La bioedilizia e la bioarchitettura ci insegnano che possiamo costruire in modo più salubre in termini di materiali e di tecniche ecosostenibili: il modo in cui un edificio viene progettato e costruito, quindi, può assicurarci il fatto che si possa vivere in ambienti sani ed ecologicamente sicuri. Ma esistono pratiche di design che non solo garantiscono il minor impatto ambientale, ma possono avere la capacità di attivare relazioni positive fra noi e l’ambiente e, in alcuni casi, possono anche rappresentare un elemento di “cura” laddove funzionino da supporto a percorsi terapeutici, ad esempio all’interno degli ospedali. Oltre la bioedilizia e la bioarchitettura, su un piano che riguarda le relazioni anche emotive e biologiche fra gli individui e lo spazio, possiamo approdare al design biofilico.
Per il biologo Edward O. Wilson la biofilia è «un’affiliazione emozionale innata degli esseri umani ad altri esseri viventi». In tal senso, come ci spiega Simona Totaforti, direttore di ReLab, il Centro studi che ha progettato il primo giardino terapeutico d’Italia presso il Policlinico A.Gemelli di Roma, «questa nostra propensione verso la natura fa in modo che, laddove ce ne sia il bisogno, la natura stessa possa essere utilizzata e ‘gestita’ indoor e outdoor negli spazi in cui ci muoviamo, in modo tale da contribuire a ‘farci del bene’, a funzionare da attivatrice di reazioni positive che aiutino i nostri meccanismi di reazione in momenti di particolare stress, come, ad esempio, quando ci troviamo a fronteggiare una malattia. Nel giardino terapeutico del Policlinico Gemelli l’ambiente veicola stimoli sensoriali e cognitivi volti a riconnettere positivamente l’utente con lo spazio circostante, anche attraverso la stimolazione di processi attentivi o di distrazione nei pazienti. Vicino alle piante aromatiche si possono ricevere le terapie all’aperto, avvolti dal profumo di essenze appositamente selezionate per il potere che hanno di contrastare gli effetti indesiderati connessi ad alcuni iter terapeutici. La vista delle forme naturali, gli stimoli olfattivi ma anche uditivi – sfere sonore di terracotta diffondono in modo naturale i suoni della natura e una fontana di pietra genera il suono rilassante del gorgoglio dell’acqua –, la luce naturale gestita in modo da garantire una condizione di relax: tutto ciò aumenta nelle persone il senso di controllo ambientale e di benessere fisico, mentale ed emozionale, fino a favorire la riduzione del dolore e le potenzialità di recupero. Le ricerche di Ulrich condotte negli ospedali negli anni ’80, hanno dimostrato come la semplice visione del verde da una finestra fosse in grado di accorciare i tempi di guarigione post-operatoria e di diminuire il fabbisogno di antidolorifico. Gli interventi di design biofilico in contesto ospedaliero, molto praticati all’estero, partono da quelle acquisizioni e si fondano oggi su oltre quarant’anni di studi internazionali».
La biofilia è una propensione innata verso la natura che ha basi scientifiche
La biofilia è, dunque, una propensione innata verso la natura che ha basi scientifiche e che può includere anche il nostro bisogno di “classicità” in termini di forme armoniche, artistiche e architettoniche. Come ci racconta Fiammetta Pilozzi, esperta di design biofilico e di comunicazione visiva ambientale per la salute, durante un’indagine sul gradimento dei servizi ospedalieri effettuata presso i pazienti e le pazienti dell’Ospedale Fatebenefratelli – Isola Tiberina di Roma, emerse inaspettatamente come, fra gli elementi più graditi dalle persone ricoverate, vi fosse la vista che si poteva godere, dalle stanze di degenza, del Tevere, degli alberi e dell’edificio classico della Sinagoga, ma vi fosse anche il suono degli uccelli e dell’acqua del fiume: «La vista degli alberi era uno degli elementi più ricorrenti nel giudizio di positività rispetto all’ambiente. Ma lo era anche la vista delle proporzioni classiche dell’edificio della Sinagoga. Natura e architettura classica sono spesso in grado di suscitare la stessa sensazione di benessere, probabilmente a ragione del rapporto proporzionale delle forme, rapporto che in entrambi i casi è riconducibile a parametri matematici, quali la sequenza di Fibonacci. Ma ciò che colpì di più fu che molte fra le persone ricoverate fecero riferimento a quello che potremmo definire ‘soundscape’: il fatto che l’ospedale sia su una piccola isola, immerso in suoni che mescolano il traffico di Roma a quello del fiume, dei gabbiani e degli uccelli in generale, rappresentava un elemento fortemente distraente e decontestualizzante rispetto al suono tipico degli ambienti ospedalieri, e ciò generava benessere. Il panorama visivo ma anche il soundscape davano l’impressione che non ci si trovasse in un ospedale. Da quell’esperienza abbiamo compreso come sia fondamentale sperimentare anche profili di qualità ambientale legati ai suoni. Attualmente, presso la UOC di Diagnostica per immagini Radiologia interventistica, diretta dal Prof. Ettore Squillaci, è in fase di sperimentazione un intervento sul contesto olfattivo e sonoro in una delle due stanze che ospitano i mammografi. La stanza, con un design ispirato ai principi biofilici, verrà utilizzata per indagare se e in che misura la presenza di stimoli visivi riconducibili a forme e colori floreali, nonché la diffusione di essenze e di suoni naturali possa ridurre il disagio delle pazienti durante l’esame rispetto a quello che viene effettuato in un normale ambiente ospedaliero con un macchinario identico, nella stanza adiacente. I primi risultati sono piuttosto sorprendenti e in autunno saremo in grado di diffondere i dati. Ma già da ora capiamo che intervenire su tale approccio, in modo scientificamente strutturato, può portare grandi risultati con esigui sforzi economici. Ciò che è importante, tuttavia, è comprendere che agire con interventi di design biofilico all’interno di un luogo di cura non significa solo inserire piante qua e là o mettere un diffusore di aromi nella stanza. La biofilia si fonda su approcci scientifici che devono rappresentare la base per qualsiasi intervento».
Un ambiente ospedaliero biofilico non sostiene solo i pazienti ma anche chi in quei luoghi lavora
Lo stress che si associa al disagio fisico e psicologico di vivere una malattia può dunque essere in parte gestito e mitigato dalle caratteristiche ambientali degli spazi in cui viviamo, aiutando il nostro organismo ad attivare risposte positive agli stimoli, anche quelli sgradevoli, che provengono dall’esterno. Ma è importante sottolineare che un ambiente ospedaliero biofilico non sostiene solo i pazienti ma anche chi in quei luoghi lavora. Presso il Mount Sinai Hospital a New York è stata introdotta la Frontline Strong Relief, un’area a supporto della terapia intensiva dove apposite “recharg rooms” biofiliche servono da “zone cuscinetto” per gli operatori sanitari, da spazi calmi dove gestire lo stress, in cui è possibile personalizzare smellscape e soundscape in base a ciò che si percepisce come più rilassante e rigenerante. In un momento storico in cui negli ospedali si consumano sempre di più spazi e tempi di annullamento delle connessioni familiari, di burnout, di fatica fisica e psicologica degli operatori spesso oltre i limiti, ricorrere alla natura come elemento di rigenerazione e di aiuto può essere una strada per impostare una nuova riconfigurazione degli spazi di cura in cui riconnettere i luoghi della salute alle persone.
Per approfondimenti:
E.O. Wilson, Biophilia, Cambridge, Harvard University Press, 1984.
R. S. Ulrich, “View through a window may influence recovery from surgery”, Science, New Series, April 27, 1984, Volume 224, Issue 4647, pp. 420-421.
Credit: https://www.leurispes.it/larchitettura-biofilica-il-design-che-aiuta-a-curare/