L’Italia ha due mesi per adeguarsi alle normative Ue sull’edilizia

9 Aprile 2012

 Gli edifici consumano il 40% dell’energia prodotta e sono responsabili di circa il 36% delle emissioni di anidride carbonica dell’Unione Europea. Rappresentano, pertanto, un campo di intervento cruciale per le misure di efficienza energetica, capace di offrire risultati decisivi ai fini del raggiungimento degli obiettivi che la UE si è data in fatto di riduzione delle emissioni per il 2020. Il conseguimento di questo obiettivo, di grande valenza anche sotto il profilo economico in termini di risparmi sulle bollette domestiche, implica però che tutti gli Stati dell’Unione adottino in tempi rapidi le misure di efficienza energetica previste dalla legislazione europea per il settore edile. Per questo motivo la Commissione Europea ha chiesto formalmente all’Italia di conformarsi alla integralità delle norme UE in materia di rendimento energetico dell’edilizia e ha deciso di inviare al nostro Paese un “parere motivato”. Già nello scorso novembre la Commissione aveva rimarcato l’inosservanza italiana della normativa europea di settore. A seguito di questo intervento erano state adottate in Italia alcune misure supplementari ma, a parere della Commissione, tali misure non soddisfano compiutamente gli obblighi previsti dalla normativa europea. Le carenze lamentate riguardano in particolare il processo di certificazione energetica e la relativa attività di controllo. La legislazione italiana, infatti, autorizza i proprietari ad autocertificare il rendimento energetico se dichiarano che il loro edificio appartiene alla classe di consumo inferiore, ma in questo modo il nuovo proprietario o l’inquilino non riceve alcuna informazione sui futuri costi energetici né alcun ragguaglio su come migliorare nella maniera più conveniente il rendimento energetico dell’edificio. Inoltre – rileva la Commissione – in caso di affitto la legge italiana prescrive questi attestati soltanto per i nuovi edifici, mentre non li considera obbligatori per gli edifici esistenti che ne siano privi al momento della conclusione del contratto d’affitto. L’Italia – si osserva, infine – non ha ancora messo in atto misure adeguate per garantire controlli regolari degli impianti di condizionamento dell’aria, che non servono soltanto ad assicurare il rendimento ottimale degli impianti ma anche a fornire consigli e informazioni utili sui possibili miglioramenti da apportare o sulle soluzioni alternative da prendere in considerazione. Se entro due mesi il nostro Paese non avrà adottato le misure opportune per adeguarsi alla normativa UE, la Commissione potrà decidere di adire alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. TM News Fonte:www.lastampa.it