C’è un posto in Italia dove il passato acquista il sapore del futuro. A Longiano, in provincia di Forlì. Qui a distanza di pochi chilometri, ci sono due musei che tutto il mondo ci invidia, frutto di passione, di ricerche, di studio, di documentazione, ad opera di tre generazioni di una famiglia di imprenditori. Sì, perché questi due gioielli che ci introducono al profumo di passeggiate in viali alberati o di salotti all’aperto, di giardini dal lento scorrere di gusto proustiano, o ancora alle atmosfere patinate di piazze e centri storici, di edicole dove echeggiano ancora i concerti della domenica, di suggestivi attraversamenti di ponti, o strusci festivi lungo i viali delle città dove i fidanzatini si lanciavano occhiate furtive, o innocenti giochi d’acqua di bimbi nelle fontane comunali, sono dedicati alla Ghisa, protagonista assoluta delle cartoline fin de siecle, di decori urbani che segnavano l’affermarsi di una nuova borghesia, di lampioni che illuminavano e sottolineavano il carattere dei centri storici, e che oggi è ritornata di gran moda.
Tutto merito dell’amore di una famiglia, i Neri di Longiano, per questo materiale bollato agli inizi dell’Ottocento come “ferraccio”, per la minore qualità e la peggiore lavorabilità rispetto all’acciaio dolce, che al suo apparire fu usato per cannoni e palle di cannone per poi divenire il simbolo della trasformazione del volto delle città che si sviluppavano per effetto dell’industrializzazione. E sì perché tre generazioni di Neri, Domenico, classe 1924, il fondatore della dinastia, Antonio, classe 1951, il figlio che ha aperto l’azienda di famiglia all’internazionalizzazione e Isacco, classe 1977, ultimo arrivato sulla scena, ma con le idee ben chiare sulle strategie future, si sono dedicate anima e corpo alla lavorazione e poi al restauro di questo materiale che “fa parte a pieno titolo di quel grande museo che è la città – ama ripetere Antonio – museo inteso nel suo significato originario di “casa delle muse”, luogo fisico e mentale per l’ispirazione, per pensare al futuro, e spazio per l’armonia collettiva.
Fonte: Il ghirlandaio