E’ cominciata la guerra degli shopper. Dopo due anni di rinvii, dal primo gennaio scorso sono stati banditi i sacchetti di plastica che hanno devastato le coste, i fiumi, i mari. E i supermercati si sono riempiti di alternative: tutte presentate come ecologiche e amiche dell’ambiente. Ma non sempre è vero. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha bocciato come pubblicità ingannevole quella con la quale le buste di plastica tradizionale, con l’aggiunta di additivi per facilitarne la disgregazione, vengono definite biodegradabili e compostabili.
A fare ricorso al Garante erano state Legambiente e Novamont, la società che ha brevettato la Mater B, la plastica biodegradabile ottenuta con il mais. Sostenevano che i sacchetti fatti con la vecchia plastica, sia pure corretta con gli additivi per l’autodistruzione, non potevano essere considerati biodegradabili e adatti alla trasformazione in compost, cioè nel terriccio fertile ricavato dalla parte organica dei rifiuti. Il garante ha richiesto il parere dell’Istituto superiore di sanità. Da qui il verdetto. Le materie plastiche con l’additivo ECM si comportano come ramoscelli o tronchi d’albero. Per questo il produttore stesso non garantisce alcun tempo effettivo in quanto il tempo di biodegradazione dipende dagli stessi fattori da cui dipende la biodegradabilità del legno, ma afferma che la cornice temporale per la totale biodegradabilità si estende tra i nove mesi e i cinque anni.
Per un ulteriore controllo sono stati poi richiesti test sulla disintegrazione degli shopper con l’additivo ECM al Consorzio italiano compostatori, che ha rilevato tempi di degrado non compatibili con il corretto trattamento dei rifiuti organici. Non possiamo permettere l’ingresso di altri materiali non adatti perché la situazione è insostenibile”, spiega David Newman, direttore del Consorzio. “In mezzo al materiale organico che deve trasformarsi in compost troviamo ogni anno 150 mila tonnellate di plastica. Dobbiamo toglierle e portarle in discarica e tutto questo costa 30 milioni di euro l’anno. Quella del Garante è una decisione e giusta: viene sbarrata così da subito la strada ai furbetti del sacchetto, difendendo la messa al bando degli shopper tradizionali, una misura innovativa che porterà enormi vantaggi all’ambiente del nostro Paese, commenta il senatore Francesco Ferrante, responsabile per il Pd delle politiche sui cambiamenti climatici. Evidentemente la vecchia industria inquinante, che non ha saputo o voluto adeguarsi alla misura introdotta con la legge finanziaria del 2007 che ha deciso la messa al bando dei sacchetti prodotti col petrolio, ha cercato in qualche modo di aggirare una norma che coniuga il rispetto per l’ambiente all’innovazione. Soddisfatto anche Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente: La pubblicità di Italcom, Arcopolimeri e Ideal Plastik è stata definita ingannevole e sono state decise multe di 40 mila euro per la prima azienda e 20 mila per le altre due. E’ un segnale forte che servirà a rimettere ordine in un settore che produce un micidiale impatto ambientale: in Italia consumiamo circa 20 miliardi di buste all’anno, un quinto di quelle usate in tutta Europa. Le utilizziamo solo per poche ore, ma restano nell’ambiente anche per secoli, da un minimo di 15 anni a un massimo di 1.000 anni secondo l’Agenzia europea per l’ambiente: si frantumano in minuscoli pezzi ma non si distruggono e formano vere e proprie “isole” come quella a 800 miglia a nord delle Hawaii, nell’Oceano Pacifico, il Pacific Vortex, grande tra i 700 mila e i 10 milioni di chilometri quadrati.
Fonte: LaRepubblica