Forse, meglio sarebbe parlare di “foresta”, se proprio tal parola si vuole usare, inserita nel tessuto urbano. Infatti, contestualmente all’espandersi delle città in termini di spazio con gli annessi cambiamenti economici, sociali, politici, ed “ecologici”, molte foreste hanno iniziato ad “urbanizzarsi”, da cui l’espressione “Town Forestry”.
Il processo di accettazione dell’espressione “foresta urbana” ha origini lontane nel tempo. Infatti, già negli anni Sessanta, se ne discuteva negli Stati Uniti. Nel 1992 si parla di “struttura verde urbana”, concetto che va pertanto ben oltre l’individualità della pianta, del viale, del giardino, del parco, ecc. Tuttavia, è solamente nei primi anni 2000 che la FAO e la IUFRO introducono l’espressione “urban forest”, includendo in essa anche le aree boscate e le aree “verdi” di vario genere, presenti all’interno del tessuto urbano. Se negli Stati Uniti già negli anni ’60 si era iniziato a concepire il concetto di “foresta urbana”, in Europa solamente negli anni ’80 viene proposta tale concezione del verde della città e, attraverso una serie di azioni, conferenze, convegni, si arriva al concetto europeo di “foresta urbana”: “Alberi che crescono in un’area urbana in funzione del loro valore paesaggistico, per ricreazione, includendo alberature stradali, viali, giardini, parchi, aree private e pubbliche a vari usi destinate”.
Con le conoscenze attuali sorge spontanea una domanda: possiamo rapportare il concetto di “foresta urbana” a quello di “ecosistema”? Odum (1971), sintetizzando il suo pensiero, definiva l’ecosistema come un insieme di organismi viventi, in una determinata area, che intrattengono relazioni tra loro stessi e tra loro e con l’ambiente fisico ove sono inseriti, comportando flussi di energia e trasferimenti di materia attraverso i vari livelli della catena alimentare.
Dalla comparazione dei due sistemi nasce la considerazione che le attività antropiche determinano l’artificiosità del sistema e possono, di conseguenza, innescarsi interazioni non sempre confrontabili con quelle di un sistema naturale (ecosistema). D’altra parte, l’elemento centrale del sistema urbano è l’uomo: oltre la metà della popolazione mondiale vive in ambienti urbanizzati con punte dell’80% negli Stati Uniti e in alcune nazioni europee. Ne consegue che nel “sistema urbano” predominano situazioni negative per le piante: operazioni di scavo, pavimentazione, asfaltature; perdita della pedofauna e della carica microbica edafica; assenza di riconversione della sostanza organica; modifica dei cicli vegetativi delle piante, in funzione del clima proprio della città; azione degli inquinanti direttamente sulla pianta e sui rapporti parassita/pianta; non rispetto della idoneità della stazione; introduzione di piante anche da altri continenti. Pertanto, nel sistema urbano sono presenti tanti “insiemi” caratterizzati da specificità e funzionamenti propri, che si sono progressivamente diversificati da quelli dei sistemi naturali di origine delle piante utilizzate.
Le condizioni hanno favorito l’insediamento e lo sviluppo di numerose crittogame (essenzialmente funghi) e di insetti, già presenti comunque nei sistemi naturali. Sono i rapporti tra le due entità parassite che cambiano in città, così come la dinamica delle popolazioni, determinando, in molti casi, situazioni ben più gravi, e certamente ben più difficilmente controllabili, rispetto ai sistemi naturali. Le relazioni funghi/insetti, nel sistema urbano, possono assumere il carattere di “simbiosi obbligate” oppure “non mutualistiche”, ma sempre assai pericolose, in quanto la diffusione della crittogama tramite insetto può innescare estese ed irreversibili epidemie (pensiamo alla grafiosi dell’olmo). Tali associazioni possano aggravare fortemente lo stato della pianta, contribuendo esse stesse alla morte o favorendo l’azione delle entità di cui sopra, dato che vengono meno le difese della pianta.