S. Van Riel
Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Firenze, Firenze, Italia.
Professore di Restauro architettonico e Consolidamento degli edifici storici.
SINTESI
Le problematiche del restauro e della riabilitazione strutturale rappresentano oggi problematiche non più differibili nel tempo a monte dell’attuale situazione edilizia che si è venuta a creare, in queste due ultimi decenni, in Italia ed in Spagna. Oggi, dopo quasi cinque anni, è maturato il tempo per una serie di riflessioni che riguardano la situazione attuale e che sono a monte delle motivazione di questo stesso convegno. Particolare importanza riveste il ruolo dell’insegnamento universitario nel creare, anche a livello europeo, figure di tecnici sempre più preparati e capaci, nell’attività professionale, di confrontarsi con i numerosi problemi e difficoltà, che la corretta prassi d’intervento sul costruito richiede. In particolare alla luce delle attuali norme tecniche che regolamentano l’intervento strutturale sui fabbricati esistenti, antichi, vecchi e recenti.
Il mio intervento a questo convegno tratterà il tema, oggi molto attuale in alcuni paesi europei dello spreco edilizio e del consumo del territorio in rapporto agli attuali orientamenti disciplinari in cui sono strutturate le Facoltà di Architettura di queste nazioni con particolare riferimento alla Spagna e all’Italia.
La crisi economica mondiale, ha avuto un drammatico e vistoso effetto sul mercato immobiliare e, in particolare, sull’attività legata al mondo dell’edilizia e delle costruzione; oggi, dopo quasi cinque anni, è maturato il tempo per una serie di riflessioni che riguardano la situazione attuale e che sono a monte delle motivazione di questo stesso convegno.
È oramai chiaro che non si potrà continuare a costruire il “nuovo” all’infinito, ma che nei prossimi due decenni dovremo confrontarci, come architetti, con nuove opportunità professionali e, come è successo in Italia (anche se ci è voluto un decreto dei Ministri a bloccare il continuo spreco del territorio), occuparci di mettere in “riuso” il costruito esistente antico, vecchio e nuovo e per far questo, in maniera corretta, appropriata ed economicamente sostenibile, occorre formare tecnici capaci e preparati.
Nelle facoltà di Architettura europee la formazione dei giovani architetti è orientata soprattutto alla progettazione del nuovo, cosa questa giusta e necessaria ma che, oggi, andrebbe integrata con l’attivazione di corsi più specifici di restauro e discipline affini, quali il consolidamento e la riabilitazione strutturale, la teoria e storia del restauro e il degrado e la diagnostica dei materiali. Materie queste da insegnarsi negli anni della formazione della laurea al fine di creare nei giovani allievi un più preciso e realistico quadro formativo e professionale del proprio futuro occupazionale. Quindi insegnamenti che devono presentare un percorso formativo fin dai primi anni di frequenza universitaria e non, come succede in alcuni casi, utilizzare queste materie come corsi specialistici post-laurea. In questi casi, la condizione dei partecipanti, già laureati e, qualche volta, già inseriti in attività professionali, determina la presenza di “allievi” meno ricettivi a queste “nuove” tematiche, che per essere comprese compiutamente richiedono un percorso di apprendimento più “sedimentato” nel tempo. Un altro aspetto, in questo caso fondamentale, riguarda la parte applicativa, lo studio diretto sull’edificio, sia questo storico o moderno. Esperienza fondamentale al fine di coniugare la parte teorica all’esperienza diretta di analisi conoscitiva delle caratteristiche architettoniche e strutturali del costruito esistente.
Già agli inizi degli anni ’70 del Novecento, in Italia, cominciò ad essere trattato, nella letteratura specialistica, il problema del consumo del territorio a monte di una grande quantità di edilizia esistente sotto utilizzata o del tutto abbandonata. Questa analisi veniva fatta in considerazione dei programmi urbanistici elaborati che prevedevano un consistente aumento delle aree edificabili dei centri urbani più importanti a quelli più piccoli. In quegli stessi anni, parallelamente, nella coscienza degli addetti ai lavori più sensibili ed attenti, prese coscienza l’attenzione dell’intervento edilizio all’interno del tessuto storico del centro antico. In particolare per ciò che riguardava il recupero dell’edilizia, a quel tempo definita minore, che aveva visto finora veri e propri interventi di sostituzione edilizia che avevano in molti casi alterato l’aspetto “storico” e “tradizionale” del volto urbano della città.
In quegli stessi anni, grazie alla feconda tradizione italiana sulle tematiche del restauro architettonico, nelle principali facoltà di Architettura italiane, venne istituzionalizzato l’insegnamento obbligatorio del restauro architettonico e dei monumenti, con a corollario alcune materie specialistiche di particolare importanza, quali Teoria e storia del restauro, Consolidamento ed adattamento degli edifici, Caratteri costruttivi dell’edilizia storica, Restauro urbano. Cosa questa, che assieme alla creazione del primo Ministero per i Beni Culturali, accentuarono l’attenzione al problema dell’intervento sull’edilizia esistente a cui fecero seguito specifiche normative d’intervento elaborate dai competenti uffici regionali, al fine di controllare e guidare le situazioni progettuali d’intervento.
È iniziato così un lungo, faticoso ed a volte controverso, percorso di affinamento culturale delle metodiche di intervento sull’edilizia e l’architettura esistente, con normative sempre più precise e puntuali nella definizione delle tecniche d’intervento e sull’utilizzo di materiali che potessero in qualche maniera, valorizzare il recupero dell’esistente. Gli stessi strumenti urbanistici di pianificazione dell’intervento nei centri storici, o nelle zone urbane assimilate, prevedevano una articolazione normativa sempre più puntuale e dettagliata, ma che andava a preservare ed a ripristinare i caratteri formali più evidenti, come quelli delle facciate e, più raramente quelli delle distribuzioni interne. In molti casi gli elementi strutturali quando non assumevano valore meritevole di restauro, presentando cioè particolari caratteri storico-architettonici, potevano essere semplicemente sostituiti mediante l’uso di soluzioni costruttive alternative, sintomatico è stato l’esempio della sostituzione dei solai lignei e di strutture a volta, con solai in travetti in c.a. e pignatte di laterizio. Prassi questa continuata, anche in Italia, fino a pochi anni fa.
Queste normative, tuttavia, non presentavano una particolare attenzione alla struttura del costruito, in breve veniva curato l’aspetto di conservazione degli elementi architettonici e salvo quando si trattava di edifici monumentali e di particolare importanza artistica e storica veniva considerata, solo però negli ultimi anni, la prassi dell’analisi strutturale.
Purtroppo a mettere un freno ed a far riflettere sulla buona riuscita degli interventi sia architettonici che strutturali, in Italia, con cadenza periodiche, difficilmente però prevedibili e spietate interviene un giudice estremamente severo che “collauda” la correttezza dei nostri interventi: il sisma. Non bisogna dimenticare, comunque, che la non conoscenza del degrado dei materiali e delle carenze di carattere strutturale delle nostre costruzioni esistenti presenta un effettivo problema e molte delle tragedie che sono successe di recente accentuano queste problematiche.
Per questo nella formazione degli architetti è fondamentale insegnare, già dagli anni della prima formazione universitaria le materie sopra citate, al fine di creare quella necessaria “conoscenza” degli articolati e complessi problemi di questa nostra disciplina.
Ci sono voluti, in Italia, quasi quindici anni perché venisse messa a punto una cogente ed articolata normativa tecnica per l’intervento e l’analisi strutturale sull’architettura ed edilizia esistente. Le attuali “Norme tecniche per le costruzioni” infatti prevedono per i progetti sull’esistente una vera e propria metodologia specifica e ben definita che è configurata come un vero e proprio “percorso conoscitivo”. Si tratta di una serie di fasi puntuali che devono caratterizzare gli studi e le indagini per i tecnici che devono elaborare per una corretta e qualificata progettazione su un edificio esistente, sia questo antico che recente. Queste fasi sono così schematizzate di seguito:
- indagine storico-critica e documentale sull’edificio,
- rilievo geometrico architettonico con l’analisi del degrado dei materiali,
- rilievo geometrico strutturale con la caratterizzazione meccanica dei materiali costruttivi,
- analisi strutturale dei dettagli costruttivi e dei dissesti, eventualmente, presenti nella costruzione,
- definizione dei livelli di conoscenza e dei fattori di confidenza,
- verifiche statiche e sismiche sulle strutture esistenti, questo al fine di individuare quelle vulnerabilità insite nella struttura e non rilevabili direttamente dalle analisi precedenti,
- verifica statica e sismica una volta definite le scelte di progetto architettonico e strutturale.
Indagine storico-critica e documentale sull’edificio.
L’analisi storica dell’edificio assume un ruolo di importanza fondamentale nella conoscenza delle caratteristiche architettoniche e strutturali dell’edificio in progetto. Spesso in passato questa operazione veniva eseguita in maniera superficiale e solo per gli edifici di particolare importanza le indagini documentali erano svolte con attenzione, spesso ricorrendo all’uso di persone specializzate e competenti nelle necessarie ricerche di archivio. Oggi queste indagini devono essere eseguite per tutti gli edifici sui quali si intende intervenire, anche se di costruzione recente; con particolare attenzione qualora si debba trattare di messa in sicurezza di edifici strategici.
In questi casi diventa fondamentale la ricognizione sulle fonti archivistiche al fine di individuare i documenti originali, progetti grafici, relazioni, capitolati e computi metrici estimativi relativi al concepimento architettonico e strutturale e la fase di cantiere nella realizzazione dell’opera. Questo però non è sufficiente in quanto, nella maggioranza dei casi, gli edifici subiscono trasformazioni nel tempo, ampliamenti e modifiche di destinazioni d’uso che finiscono per incidere sulle caratteristiche, in particolari strutturali dell’organismo originale. Fondamentale diventa quindi anche la conoscenza della “vita” del nostro fabbricato identificando, nel tempo, le modifiche architettoniche e strutturali, dove, spesso, cambiano le tecniche costruttive e l’uso di materiali diversi da quelli originali. Queste modifiche sovente vanno ad incidere sul comportamento globale statico e sismico, come purtroppo hanno rivelato gli ultimi disastrosi sismi avvenuti in Italia.
Rilievo geometrico architettonico con l’analisi del degrado dei materiali.
Paolo Fancelli sottolinea l’importanza dello stretto rapporto esistente tra rilievo e restauro: «Il rilievo architettonico e strutturale rappresenta il supporto su cui tracciare il progetto di restauro e consolidamento il quale, attraverso interventi di consolidamento, di pulitura, di risarcimento, dovrà assecondare la preesistenza nel rispetto delle sue peculiarità al fine di garantirne la sua trasmissione al futuro». Le operazioni, quindi, relative all’esecuzione del rilievo devono essere criticamente condotte e documentare la condizione effettiva in cui versa, al momento, l’opera architettonica in esame. Il rilievo, supportato da una adeguata documentazione fotografica, ed oggi anche da riprese video, rappresenta l’operazione per definire, attraverso un’accurata campagna di dettagliate misurazioni e restituzioni grafiche un edificio nelle sue componenti architettoniche, strutturali e articolazioni spaziali e distributive. Stante i limiti, oggettivi, che quest’operazione implica l’analisi dovrà essere corredata da schemi, da appunti, da schizzi, da distinte, da annotazioni sia per quanto attiene alle risultanze delle operazioni attivate, sia ai metodi di misurazione assunti. Una volta acquisiti tutti questi elementi fondamentale risulta essere la fase della restituzione grafica con la ricomposizione disegnata dell’architettura: piante, prospetti, sezioni, assonometrie, spaccati, prospettive, plastici o ricostruzioni plano volumetriche, particolari architettonici e strutturali. Quando queste operazioni sono condotte con coerenza ed attenzione è possibile definire corretto approccio nei confronti del preesistente.
Per una trattazione sistematica sulle tecniche di rilevamento architettonico e sulle metodiche di restituzione grafiche si rimanda alla vasta e articolata letteratura esistente. È necessario rammentare che questa fase di studio, cioè il rilievo dello stato di fatto quando correttamente correlato al “rilievo storico – critico delle fasi costruttive”, può rappresentare un documento storico per rileggere i processi evolutivi succedutisi nel tempo e poter valutare gli eventuali dissesti prodotti da queste vicende costruttive.
L’analisi e lo studio dei palinsesti murari, operazione strettamente connessa al rilievo architettonico e strutturale, riveste un ruolo fondamentale nella identificazione e valutazione dei dissesti.
Nel rilievo dovrà essere riportata l’analisi del degrado dei materiali che compongono l’architettura del costruito, sulle cui modalità di esecuzione e rappresentazione è oggi esistente una vasta letteratura tecnica alla quale è doveroso rimandare. Deve essere comunque ricordato che l’analisi sul degrado dei materiali rappresenta una fase di particolare importanza nella lettura dello stato di conservazione del manufatto ed è sempre propedeutica ad ogni intervento di restauro.
Rilievo geometrico strutturale con la caratterizzazione meccanica dei materiali costruttivi.
Il “rilievo geometrico strutturale” deve mirare alla completa identificazione degli aspetti morfologici e tecnologici che caratterizzano l’impianto generale della fabbrica e, tenuto conto anche della normativa vigente e delle raccomandazioni, non deve essere mai trascurato il fatto che la fase del rilievo strutturale, sul quale sono puntualmente riportati i dissesti (lesioni e/o deformazioni) costituisce una premessa indispensabile alla fase diagnostica e progettuale. Infatti i criteri adottati nella scelta del tipo di intervento devono scaturire da uno studio dettagliato dell’organismo edilizio riguardante in particolare: le caratteristiche architettoniche, strutturali e delle destinazioni d’uso; le modificazioni, intervenute nel tempo, all’impianto edilizio e strutturale originario; l’analisi globale del comportamento strutturale al fine di accertare le cause ed il meccanismo dei dissesti in atto.
La fase del rilievo strutturale diventa, quindi, una operazione fondamentale nel corretto sviluppo di un progetto di consolidamento e riabilitazione strutturale la cui funzione incide su due particolari aspetti: l’individuazione dell’organizzazione strutturale generale del manufatto e il rilievo dettagliato dei singoli elementi costruttivi.
Nell’edilizia storica la parte strutturale è strettamente connessa a quella architettonica – in stretta simbiosi fra elementi portanti e portati – il cui comportamento statico e sismico tende a interagire direttamente fra loro. Gli elaborati grafici devono identificare lo schema razionale con cui sono articolate ed assemblate le varie componenti strutturali, in particolare dovranno essere rilevate e restituite la pianta delle fondazioni e le piante dei vari impalcati, compresa la copertura, dove dovranno essere, accuratamente riportate, le orditure principali e secondarie. Gli elementi strutturali dovranno essere quotati con cura e in maniera palese, al fine di permettere la verifica statica dei singoli elementi. Le sezioni dovranno essere eseguite nei punti di maggior interesse strutturale, con almeno una sezione passante sul vano scala; nelle sezioni dovranno essere riportati con chiarezza le tipologie costruttive degli impalcati. Il rapporto di rappresentazione grafica delle piante e delle sezioni deve essere tassativamente di 1/50; le quote dovranno essere riportate in centimetri per le strutture murarie, volte, impalcati lignei ed in cemento armato, mentre saranno quotati in millimetri i profili degli elementi metallici. A corredo, indispensabile, del rilievo strutturale concorrono l’esecuzione di particolari tecnici – costruttivi, in sezione e/o assonometria in scala 1/10 – 1/20 (per le strutture di maggiori dimensioni quali capriate, scale e sistemi voltati). Le stesse attenzioni grafiche dovranno essere riservate anche agli organismi strutturali misti, in cemento armato e in acciaio.
Particolare attenzione merita, in questa fase, la caratterizzazione meccanica dei materiali utilizzati nella costruzione, cosa questa nuova rispetto alle normative precedenti. Infatti per conseguire un’adeguata conoscenza delle caratteristiche dei materiali e del loro degrado l’analisi dovrà essere basata su un’attenta ricognizione documentale disponibile, su attente verifiche in situ e, naturalmente, su indagini sperimentali e prove di laboratorio. Le indagini dovranno essere motivate, per tipologia e quantità, dal loro effettivo utilizzo ai fini delle verifiche, statiche e sismiche, sull’organismo esistente. I valori delle resistenze meccaniche dei materiali analizzati dovranno essere valutate sia in funzione dei dati documentali presenti o assimilabili desunti dalla letteratura tecnica del periodo di realizzazione dell’opera e dalle effettive prove su campioni della struttura, tenendo ben conto sul degrado dovuto alle caratteristiche di durabilità dei singoli materiali. In questo caso particolare attenzione deve essere riservata agli edifici in muratura, che rappresentano una cospicua e importante parte del costruito storico, in quanto il comportamento di una struttura in opera muraria, in particolare sotto le azioni sismiche, e determinata dalla qualità della muratura stessa. Per questo le caratteristiche dei paramenti portanti non devono essere valutati semplicisticamente in funzione a singoli parametri numerici di resistenza e di rigidezza ma dovranno essere analizzati in funzione dei parametri della regola dell’arte muraria, come specificamente indicato dalle norme.
Analisi strutturale dei dettagli costruttivi e dei dissesti, eventualmente, presenti nella costruzione.
Per gli edifici esistenti, al fine di individuare eventuali vulnerabilità presenti nella struttura, in particolare per gli edifici in muratura, un’attenta analisi deve essere eseguita sui dettagli costruttivi. Le loro tipologie costruttive hanno una importanza fondamentale sul comportamento sia statico sia sismico dell’intera struttura e dovranno essere valutati con estrema attenzione in quanto determinano possibili carenze presenti nell’opera.
Il consolidamento inteso quale riabilitazione strutturale di elementi costruttivi dell’edilizia storica, studia le cause dei dissesti, cioè di quelle manifestazioni prodotte da cause perturbatrici sulla struttura muraria a seguito dell’alterazione delle condizioni statiche originali. I dissesti, quindi gli effetti prodotti da queste alterazioni, sono rappresentati dalle lesioni, che sono soluzioni della continuità muraria per rottura del materiale, e dalle deformazioni che sono variazione della forma geometrica una volta raggiunto e superato il limite elastico della struttura. Spesso lesioni e deformazioni rappresentano gli effetti che il dissesto ha prodotto sulla stesso elemento murario, essendo sovente strettamente correlati fra loro. Sull’argomento esiste una vasta e articolata letteratura alla quale si rimanda per ogni necessario approfondimento.
Le forze applicate ad una struttura creano: reazioni dei vincoli, deformazioni e tensioni. Una struttura è in condizioni di resistere quando le varie parti della costruzione sono sufficientemente solidali tra loro e vincolate opportunamente al suolo. Quindi le tensioni interne devono risultare, in ogni punto, minori di quelle che provocano la rottura e l’equilibrio tra le varie forze agenti (esterne ed interne) devono essere stabili in ogni parte strutturale oltre che per tutto l’insieme. L’alterazione dei regime di equilibrio elastico, quando non intervenga un nuovo stato di equilibrio compatibile con la resistenza dell’insieme, può determinare un dissesto statico, il quale si manifesta con una serie di lesioni e/o deformazioni. Anche in questo caso la normativa impone lo studio di strutture dissestate per cause accidentali intervenute a distanza di tempo dalla loro esecuzione e i rimedi da adottare, sul piano tecnico, non potranno essere determinati se non dopo che si sia risalito alla conoscenza delle cause perturbatrici.
Particolare attenzione dovrà, comunque, essere adottata nell’analisi dei dissesti dovuti al sisma dove lo studio delle tipologie di danno ha permesso, negli ultimi due decenni, la definizione di precisi meccanismi di collasso. Cosa questa che ha consentito di implementare la conoscenze sulle vulnerabilità presenti nelle costruzioni sia in quelle in muratura, sia in quelle con strutture in cemento armato o miste, come ha evidenziato l’ultimo sisma che ha colpito il territorio della bassa modenese.
Definizione dei livelli di conoscenza e dei fattori di confidenza.
L’aspetto sicuramente più innovativo delle Norme Tecniche è l’introduzione dei “Livelli di conoscenza” e dei “Fattori di confidenza”, quali elementi fondamentali nella progettazione strutturale sugli edifici esistenti. L’indagine sulle caratteristiche costruttive e geometriche della fabbrica deve essere ottenuta attraverso una serie di fasi metodologiche che a seconda dell’approfondimento determina tre livelli di conoscenza (LC1, LC2, LC3) a cui deve essere associato un valore numerico, i cosiddetti fattori di confidenza (rispettivamente: 1.35, 1.20, 1) che verrà impiegato per dividere i valori di resistenza dei materiali utilizzati nella struttura che serve per dividere i valori di resistenza per le analisi e le verifiche. Gli aspetti che devono essere considerati al fine di determinare i livelli di conoscenza sono tre: la geometria, i dettagli costruttivi e le proprietà fisico meccaniche dei materiali.
Per conoscenza della geometria è necessaria la redazione di un corretto ed attento “rilievo strutturale” che permetta l’acquisizione della sua composizione geometrica ed il rapporto fra gli elementi costruttivi che creano l’articolazione della struttura. In quanto non è possibile intervenire su una costruzione se non sono chiaramente definiti i suoi aspetti costruttivi generali, cosa particolarmente importante per gli edifici in muratura. In questa fase devono essere individuati i “dettagli costruttivi” che riguardano i collegamenti fra gli elementi portanti, pareti e orizzontamenti e quelli non strutturali che, comunque, concorrono ad accentuare la vulnerabilità generale della costruzione. In questo caso sono essenziali le indagini sulla tipologia della struttura e le sue caratteristiche costruttive.
A determinare le proprietà fisico meccaniche dei materiali concorrono le verifiche in situ, cioè quelle che possono essere eseguite direttamente e visivamente sulla struttura del manufatto e a seconda del tipo di indagine, determinano due aspetti: verifiche in situ limitate e verifiche in situ estese ed esaustive. Chiaramente a definire questi due livelli sono l’attenzione nell’analisi delle caratteristiche del manufatto e la possibilità di indagare gli aspetti che concorrono a definire la qualità della composizione degli elementi strutturali e le loro connessioni. Ad implementare queste indagini concorrono le prove meccaniche sui materiali tramite l’esecuzione di specifici accertamenti in situ ed in laboratorio.
Appare ovvio che a livelli di conoscenza più elevati corrispondono fattori di confidenza più bassi, che determinano ad impiegare nei successivi calcoli di verifica, valori maggiori di resistenze tensionali.
Le verifiche statiche e sismiche sulle struttura originale e di progetto.
Completate queste fasi metodologiche di analisi sulle strutture del fabbricato in progetto dovranno essere eseguite le necessarie e previste verifiche statiche e sismiche, quando richieste, al fine di terminare i livelli di sicurezza definiti dalle norme al fine dell’utilizzo della struttura per la funzione a cui è deputata. Rispetto alle norme precedenti risulta innovativa l’obbligo della verifica delle strutture allo stato originale del manufatto al fine di identificare quelle vulnerabilità, in particolare per la verifica sismica, non facilmente individuabili direttamente dall’esame visivo. Questo aspetto permette chiaramente di ipotizzare in maniera corretta e compatibile gli interventi di consolidamento e riabilitazione strutturali che dovranno essere ben tenuti in conto della successiva fase progettuale, al fine di evitare gli errori compiuti nel passato dove si sono sostituite a strutture ancora perfettamente abili, altre strutture realizzate con materiali diversi, che si sono rivelate soprattutto a seguito di eventi sismici, dannose all’organismo originale.
Al fine di una migliore e più completa “sicurezza” delle ipotesi progettuali ipotizzate nell’intervento il progetto dovrà essere sottoposto alle stesse verifiche ed i risultati finali devono determinare un quadro migliorativo delle prestazioni delle strutture consolidate rispetto a quelle originali.
CONCLUSIONI
Per la redazione di un corretto e consapevole progetto di restauro e consolidamento, il percorso conoscitivo prevede un approccio metodologico ben preciso e definito, e richiede la formazione e la preparazione di tecnici qualificati in grado di gestire le vaste ed articolate problematiche che il problema postula e prevede. In Italia i raggruppamenti disciplinari dell’insegnamento universitario hanno, finalmente, focalizzato l’attenzione a queste problematiche comprendendo le discipline della storia dell’architettura, del disegno e rilievo assieme a quelle del restauro in un alveo scientifico, di ricerca, più omogeneo ed articolato. Inoltre per chi si occupa di restauro, a qualsiasi livello, è bene che ricordi sempre che il valore etimologico di Monumento non è solo quello di oggetto storico artistico, ma anche quello di ricordo ed ammonimento e la memoria della collettività ha bisogno di questi riferimenti, al fine di non dimenticare le proprie origini sociali e culturali.
Bibliografia
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