Una questione di metodo per il restauro del territorio.
Tra gli argomenti fondanti la Convenzione Europea sul Paesaggio1 è senza dubbio posto in primo piano l’interesse istituzionale degli Stati membri verso la salvaguardia e la valorizzazione delle risorse ambientali, soprattutto al fine di arginare la massiccia trasformazione dei territori e garantire la qualità della vita delle popolazioni nel rispetto dell’ambiente. A differenza del passato quindi, i provvedimenti di tutela da porre in essere, desiderosi di pervenire ad uno sviluppo sostenibile fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l’attività economica e l’ambiente2, dovranno indicare in modo prioritario le azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo d’intervento umano3. Date queste premesse risulta evidente ai fini della tutela la rilevanza ambientale del combinato effetto tra la risorsa naturale e l’azione dell’uomo, rivalutando così la matrice antropica del paesaggio, specie se relazionata alla secolare tradizione agro-pastorale delle comunità insediate. Pertanto con questa Convenzione si mette al centro dell’attenzione dei ricercatori e degli studiosi il riconoscimento stesso dei valori propri delle testimonianze della cultura materiale che andranno segnalate distintamente nell’ambito degli insediamenti umani caratterizzanti i luoghi. E ciò vale specialmente in ambiti di pregio paesaggistico, come quelli della Toscana e delle sue Aree Protette.
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