Ex Monastero Olivetano di S. Secondo di Isola Polvese, Perugia. Ipotesi di consolidamento e adattamento

Ex Monastero Olivetano di S. Secondo di Isola Polvese, Perugia. Ipotesi di consolidamento e adattamento

Relatore: Prof. Arch. Silvio Van Riel
Correlatore/i: Arch. Ridolfi Alberto
Laureando/i: Andrea Monacelli
Anno accademico: 2000/2001

Abstract

 

Chiesa di San Secondo

INTRODUZIONE

“Delle molte cose, con cui a piene mani, la natura genitrice di tutte le meraviglie, ha adornato il famosissimo Trasimeno, cioè il lago perugino, e non meno di ogni altro, che scaturisce nel suolo d’Italia, l’ha nobilitato; vi sono tre isole che in  mezzo allo specchio d’acqua fanno di sé bellissima mostra. Di queste isole quella chiamata Polvese è resa sacra dalla presenza del cenobio di San Secondo, nel punto dove essa è meno accessibile”. Così don Secondo Lancellotti, storico olivetano del seicento descriveva l’isola e il complesso monasteriale.  Il complesso religioso deriva il suo nome dalla leggendaria venerazione nella chiesa di un osso del braccio di San Secondo martire delle persecuzioni di Diocleziano contro i cristiani. Aldilà della leggenda, le prime notizie certe riguardanti San  secondo si hanno nel 1014 quando in un privilegio concesso dall’imperatore Enrico II, è citata proprio la Ecclesiis Sanctorum Secondi. Nella seconda metà del ‘300 il complesso sarà contrassegnato con il simbolo che spetta ai monasteri.  L’avvenimento che dà la svolta alle vicende di San Secondo è la sua promozione a monastero olivetano, con presenza di un priore, che avviene nel 1482 con una bolla di Sisto IV e la separazione dal monastero di Perugia.  L’elevazione a monastero è dovuta sia all’importanza economica che aveva raggiunto, sia all’espressa volontà da parte degli abitanti dell’isola, che ritengono necessaria la presenza dei monaci per far rinascere le attività isolane. E’ dunque il  primo di giugno del 1482, giorno in cui si ricordano i natali del santo, che viene costituito il priorato di San Secondo. La vita del monastero che inizia nel 1482 con cinque monaci crescerà ben presto in prestigio. Nel XVII secolo si assiste alla  chiusura del monastero e di conseguenza all’abbandono dell’isola da parte di molti abitanti. Il monastero di San Secondo viene allora spogliato di tutti gli arredi e quadri. Da questo momento in poi le vicende del complesso di San Secondo sono  legate a quelle di tutta l’isola e vedranno il monastero decadere fino a diventare  rifugio per i greggi. Testimone della rovina del complesso religioso è uno storico che a metà del Settecento descrive l’isola Polvese “è questa chiesa  presentemente diruta, benché molto si distingua dell’antica forma, ed architettura”. L’abbandono del monastero che lascia l’isola priva di qualsiasi interesse economico politico e alcune guerre in corso che coinvolsero l’isola mettendo fine all’idea dell’isola come rifugio,  causano nel 1600 il collasso della popolazione polvesana., Dall’800 l’isola diviene privata e trasformata in  riserva di caccia prima ed in azienda agraria poi e lo spopolamento è totale, rimando  solo tre famiglie. Solamente nel 1974 l’isola è acquistata dall’Amministrazione  Provinciale di Perugia e  trasformata in parco faunistico, dando all’isola un nuovo impulso turistico anche attraverso il riuso di vecchie strutture abbandonate. Ed è proprio alla luce di questo nuovo ruolo dell’isola che sarebbero necessari interventi di restauro  finalizzati ad un riuso legato al territorio per ridare vita ad un monumento che è oggi in stato di completo abbandono e fatiscente, un monumento che sebbene abbia 1000 anni di storia è alla gran parte degli abitanti del lago sconosciuto.  La chiesa di San Secondo ed  il convento olivetano omonimo  si trovano sulla punta del versante settentrionale, nella zona che è ancora oggi la più difficile da raggiungere.  Il complesso monumentale è costituito dalla chiesa, dalla torre  campanaria e dal monastero. CHIESA DI SAN SECONDO. Si tratta di un edificio romanico a tre navate con due file di colonne e pilastri che sorreggono archi a tutto sesto, transetto rialzato e abside semicircolare e con cripta monostila,. La costruzione è realizzata con  arenaria, calcare e marne, sono però stati reimpiegati anche blocchi di travertino e arenaria provenienti da precedenti strutture etrusche o romane. Dell’impianto originario, ampiamente modificato nei secoli e in larghissima parte crollato, si  conserva la facciata, i muri perimetrali esterni, la cripta e parte dell’abside. La facciata della chiesa è quasi completa, con un rosone al centro e più in basso quattro finestre ai lati sicuramente frutto di modifiche recenti e la porta  sbaricentrata rispetto al rosone che è sovrastata da una lunetta. Presso l’abside ci sono due passaggi laterali che portavano al piano superiore e uno centrale che scende verso la cripta. La cripta monostila è caratterizzata  da un  ambiente   semicircolare  che  ha  al  centro  una colonna  monolitica in  pietra calcarea e capitello in arenaria, su cui si imposta una volta in pietra grossolanamente squadrata. Ai lati della cripta si aprono due locali che collegano  direttamente con l’esterno della chiesa e voltati con lo stesso tipo di pietra. Quello di destra, molto più grande, è inglobato in un corpo a due piani, aggettante rispetto al resto della costruzione e costituisce la sagrestia e funge  attualmente da collegamento con l’edificio del monastero vero e proprio.  TORRE CAMPANARIA. Sorge nell’angolo  nord orientale; la base è costituita da resti di una muratura etrusca in blocchi di arenaria, mentre la struttura è realizzata in blocchetti di calcare, marne ed arenaria disposti a filaretto. In sommità la  struttura termina con la   cella campanaria alleggerita da quattro monofore a sesto acuto.  MONASTERO DEGLI OLIVETANI. Purtroppo la costruzione, realizzata con pietrame di spoglio in arenaria, calcare e laterizio, ha subito nei secoli profonde modificazioni e demolizioni, per cui l’aspetto originale è riconoscibile solo in parte. All’arrivo  degli olivetani il monastero già esistente subisce diverse modifiche.  L’edificio a due piani si sviluppa  perpendicolarmente  alla chiesa e vi si innesta tramite la sagrestia, vi era poi un braccio perpendicolare a questo che fungeva da terzo  lato del chiostro, di cui oggi restano solo tracce. A piano terra  il locale più importante è la sala capitolare, caratterizzata dalle monofore esterne a sesto acuto,  dalla volta a “schifo” su peducci in pietra serena e dalla nicchia che  ospitava una madonna con bambino. Gli altri vani non hanno caratteri particolari.      Al primo piano, che non è direttamente collegato con il piano inferiore, si accede da due ingressi opposti: il primo comunica con l’abside attraverso la sagrestia, secondo comunica direttamente con l’esterno attraverso la scalinata.  Il piano oltre la sagrestia, che era adibito a dormitorio, si presenta oggi come un unico vano, ma in passato era suddiviso da murature portanti. Una seconda divisione doveva essere costituita da tramezzature leggere che dividevano le celle  dei frati.  Se il complesso si è ampliato e trasformato profondamente nel corso dei secoli, è anche vero che molto dell’aspetto attuale è dovuto agli ultimi interventi di restauro fatti eseguire dall’ultimo proprietario che ne hanno alterato i caratteri  in maniera vistosa.

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