Abstract
Premessa
La rocca di Sant’Agata Feltria nota anche come Rocca Fregoso, sorge sulla sommità di un masso arenaceo in posizione dominante la valle del Savio . L’edificio trae origine dall’accorpamento diacronico di più blocchi edilizi articolati intorno ad una corte interna; a questo si addossa una costruzione che lo collega con la chiesa di San Francesco della Rosa.
Il progetto di restauro della rocca nasce nel 1986 come esercitazione accademica all’interno del Dipartimento di Storia e Restauro delle strutture architettoniche della Facoltà di Architettura di Firenze; è solo all’indomani della discussione della tesi di Laurea che questo si concretizza in un vero e proprio progetto di conservazione, a seguito dell’incarico conferito dalla Pubblica Amministrazione del Comune di Sant’Agata Feltria nel dicembre del 1987 al prof. G.Cruciani Fabozzi all’arch.P.Benzi ed a chi scrive.
Quanto segue pertanto costituisce innanzitutto una ulteriore occasione per rendere noti i risultati delle ricerche fino ad ora eseguite su questo manufatto nonché fornire un primo resoconto sui lavori svolti a tutt’oggi.
La rocca di Sant’agata: trasformazione di un castrum medievale in fortificazione quattrocentesca ed in residenza.
La prima menzione di una struttura fortificata a Sant’Agata è databile agli inizi del XII secolo :- con molta probabilità l’insediamento si sviluppava intorno ad una torre posta sulla sommità della collina – ma è’ solo alla fine del XIV secolo che iniziano le trasformazioni culminate in epoca quattrocentesca con l’aggiunta di corpi di fabbrica che daranno al manufatto una configurazione planimetrica molto simile a quella attuale.
Sant’Agata, nel 1430 viene data in Vicariato ai Malatesta: l’analogia formale fra la torre poligonale di sud-ovest ed altri manufatti citati nella Descriptio del Card. Anglic de Grimoard rende plausibile ascriverne la realizzazione alla metà del XIV secolo ad opera di maestranze malatestiane.
La parentesi malatestiana durerà sino al 1463 quando Federico da Montefeltro riconquista per la Santa Sede la rocca di Sant’Agata ed i castelli dell’alto Montefeltro. Il piccolo borgo con le sua rocca, per la sua posizione di confine, acquista importanza strategica diventando, assieme alle rocche di san Leo e Maiolo, la punta più avanzata del sistema difensivo settentrionale del futuro Ducato di Urbino.
La rocca doveva presentarsi al Signore di Urbino simile ai tanti nuclei fortificati del Montefeltro: una cerchia di case sorte sulle curve di livello di una collina a difesa di una torre o di un altro organismo più articolato con funzioni civili e/o militari.
E’ a partire dal 1464 che presumibilmente hanno inizio i lavori di ristrutturazione ed ampliamento dell’edificio: non a caso nell’ “Elenco” compilato da Vespasiano da Bisticci la rocca di Sant’Agata risulta la prima ad essere menzionata.
Gli interventi pur adeguando l’edificio alle nuove tecniche di offesa, non produssero un radicale trasformazione e cancellazione del preesistente ma un naturale sviluppo e riaggregazione degli organismi già in essere.
Come si è già sottolineato in altre occasioni la presenza ad Urbino di Franceso di Giorgio e la già citata menzione di Sant’Agata sull’Elenco di Vespasiano da Bisticci, ha orientato parte della critica verso ipotesi di progettazione ex novo del manufatto ; risulta invece più plausibile che l’architetto senese abbia coordinato i lavori di riammodernamento dei tanti complessi medievali divenuti dominio di Federico.
Nel caso specifico di Sant’Agata è probabile che l’opera del Martini si sia limitata ad alcune indicazioni di massima sulla natura dei lavori di adeguamento dei corpi di fabbrica esistenti.
Il complesso fortificato medievale in effetti, ubicato “in luogo eminente che tutto el corpo della città giudicare e vedere possa ” , assecondava le indicazioni date dell’architetto senese sulle caratteristiche del sito su cui edificare una rocca, il problema principale però risultava quello di riorganizzare funzionalmente un sistema difensivo nato dall’accorpamento diacronico di elementi eterogenei parte dei quali nati con funzione più residenziale che militare ma soprattutto realizzati con tecniche costruttive superate e non certo idonee alla nuova funzione bellica del manufatto.
La carenza più evidente del complesso fortificato, in conformità a quanto descritto nei trattati, si riscontrava sul fianco Sud Est in quanto più esposto al tiro delle artiglierie: per questo motivo viene costruito un nuovo elemento difensivo rivolto a levante. La nuova torre , di forma poligonale, simile ad una carena di nave, verrà edificata in fregio al percorso di contro crinale che scende da Mont’Ercole alla valle del Savio, assecondando così i dettami dei trattati .
E’ interessante far notare che dai rilievi del torrione emerge che la sua configurazione planimetrica, posta a confronto con i disegni di torrioni carenati e dei rivellini riportati nel codice Magliabechiano, presenta non poche analogie specie in veduta assonometrica. A questo vanno aggiunti ulteriori riscontri quali le tecniche costruttive adottate in conformità a quanto prescritto dall’architetto senese ; nonchè la presenza di riseghe (ora tamponate ma chiaramente visibili nel rilievo) sul fronte sud-ovest di infilata con il tiro delle bocche da fuoco per la difesa angolata dei puntoni. .
Da ultimo ma non di minore importanza va rilevata la presenza all’interno della torre di una galleria che esce in prossimità del puntone carenato e collega il fortilizio con la chiesa,; è probabile che si tratti della trasformazione settecentesca del cunicolo del soccorso della rocca, la sua configurazione planimetrica infatti risulta molto simile alle uscite del “soccorso”che si trovano nelle rocche di Cagli e di Fossombrone; anche in questi casi la galleria è localizzata in prossimità del puntone .
Come già sottolineato in altra occasione la difesa dell’accesso alla rocca, assicurata da un ponte levatoio difeso da due bocche da fuoco, viene sconsigliata nei trattati – anche se compare nel f.55v del Codice Magliabechiano – “perché molte volte possono li ponti levatoi essere tolti guastando con artiglieria la catena di sopra” Analogamente si possono segnalare altre discordanze fra le indicazioni date dall’architetto senese e la fabbrica quali ad esempio la mancanza del “circular cordone di mezzo tondo” l’assenza del fossato intorno alla rocca; occorre però ricordare che ci si trovava di fronte ad un complesso in parte già edificato ma soprattutto che la sintesi prodotta da Francesco di Giorgio nel 1481 ,quando redige la prima stesura del suo trattato, derivava proprio dalle verifiche e dalle sperimentazioni condotte nei vari cantieri di Federico.
La rocca, scampata assieme a quelle di Maiolo e di Mondavio allo smantellamento voluto da Guidobaldo, viene ceduta nel 1506, assieme ai territori circostanti, ad Ottaviano Fregoso alla cui famiglia Paolo II confermerà la contea di Sant’Agata”usque ad tertiam generationem “
E’ tra la fine del XVI e gli inizi del XVII che il fabbricato subisce ulteriori lavori di ristrutturazione; l’edificio infatti perduta la sua importanza strategica per i mutati equilibri politici viene trasformato in edificio residenziale . La rocca viene sopraelevata di almeno due livelli al di sopra del beccatellato e delle merlature quattrocentesche per la creazione del piano nobile, le aperture vengono in parte trasformate e gerarchizzate assecondando la nuova funzione di rappresentanza del manufatto; la stessa distribuzione interna viene totalmente ridefinita con l’aggiunta di un nuovo corpo scale. All’ inteno la nuova residenza verrà arricchita con portali in arenaria, balaustre camini monumentali in parte ancora conservati .
Con l’entrata di Sant’Agata nella Legazione di Urbino dopo il 1660 la rocca continua ad essere adoperata come residenza almeno fino al 1781 quando viene trasformata in convento; in questa occasione i conventuali costruiscono addossandosi al fortilizio quattrocentesco la chiesa dedicata San Francesco della Rosa..
Criteri di analisi ed indagini preliminari alla stesura del progetto
Come si è detto il progetto di conservazione della rocca si sviluppa all’interno del Dipartimento Restauro delle Strutture architettoniche di Firenze, le modalità di indagine adottate, nate dalla volontà di una ” rifondazione metodologica delle ricerche sui complessi fortificati che abbandoni superficiali letture tipo-morfologiche”, hanno costituito per molti versi un banco di prova per la messa a punto di criteri di registrazioni ed analisi sull’edilizia storica mutuati dalla procedure adottate per l’archeologia di superficie ed in particolare per l’interpretazione stratigrafica degli elevati .
I rilievi della rocca durati circa un anno,sono stati eseguiti inizialmente con i sistemi tradizionali. Si è così arrivati alla redazione di una serie di tavole in cui venivano registrate geometrie, materiali e stratigrafie del manufatto. I dati raccolti sono stati poi rielaborati in una serie di grafici in cui la descrizione del dato materico e del suo stato di conservazione veniva ad essere correlata con gli elementi emersi dalle ricerche di archivio. Complessivamente sono state prodotte circa 45 tavole fra planimetrie ,sezioni, prospetti e particolari costruttivi.
Il progetto di conservazione e riuso della rocca nasceva dopo la verifica della portata delle strutture orizzontali e dopo il confronto con l’effettiva capacità dell’edificio ad assecondare i regolamenti di sicurezza dei VVFF. La rete impiantistica – idrica ed elettrica -era stata per intero riprogettata sulla base dei rilievi eseguiti cercando di riutilizzare le tracce del vecchio impianto ancora riconoscibili
Quando nel dicembre dell’ 87 la pubblica amministrazione commissionava a chi scrive, l’incarico di redigere un progetto di restauro e consolidamento per la rocca Fregoso buona parte del materiale era già pronto.
Il progetto interessava il manufatto nel suo complesso comprendendo anche la chiesa di San Francesco della Rosa. Le opere finalizzate al consolidamento delle strutture del manufatto erano motivate dalla necessità, peraltro ancora in parte effettiva, di arginare quei naturali processi di degrado degli elementi costituenti la rocca frutto di anni di mancata manutenzione.
Primo resoconto sulle modalità di intervento adottate nel primo e secondo lotto di lavori di restauro della Rocca di Sant’Agata Felrtia.
I lavori fino ad ora svolti sono stati eseguiti in due lotti diversi: il primo, ad iniziare dall’ottobre del 1991 ha interessato parte della copertura e dei paramenti murari del corpo di fabbrica a nord, il secondo, intrapreso nel maggio del 1994, ha completato le opere sui paramenti e sulle coperture dei restanti corpi di fabbrica a settentrione estendendosi a parte dei paramenti del puntone carenato martiniano, nonchè alle coperture del torrioncino poligonale di sud-ovest ed alle coperture del corpo limitrofo rivolto nord-ovest .
La disorganicità dell’ubicazione delle zone di intervento è dovuta alla necessità di far fronte ad una situazione di dissesti e di degrado diffusa con fondi spesso insufficienti e mal ripartiti. Per tale motivo i primi lavori hanno interessato il corpo di fabbrica rivolto a settentrione essendo questo l’unica parte di fabbricato posta a strapiombo e quindi inaccessibile alle manutenzioni. Successivamente il lavoro è proseguito sempre su tale versante della rocca per completare almeno un prospetto del fabbricato; si è poi dovuti intervenire sulla copertura del torrioncino e del corpo vicino vista le continue infiltrazioni che minacciavano non solo le strutture portanti del coperto ma anche i paramenti interni, i portali ed i camini in pietra ad essi addossati.
In entrambi i cantieri si è proceduto operando prima sulle strutture del coperto e successivamente sui sodi murari. Operativamente, prima di intraprendere le operazioni di ripassatura della copertura si sono verificate le sezioni resistenti delle strutture lignee passando poi al controllo del loro stato di conservazione agli appoggi.
Analogamente, una volta allestiti i ponteggi, la prima operazione è stata quella di verificare l’esatta natura petrografica non solo delle cortine ma anche dei nuclei delle murature che si sarebbero andate a consolidare.
In tal modo verificato l’effettivo stato di conservazione della porzione di fabbricato interessata dal cantiere si è dato inizio ai lavori.
Le coperture sono state parzialmente smontate lasciando in opera, in entrambi i cantieri, la grossa orditura : nel primo lotto solo le capriate mentre nel secondo oltre alle capriate è stata lasciata in situ anche l’orditura secondaria. Solo ad un paio di capriate del primo lotto sono stata ricostruite le tesate di appoggio mentre a tutte in entrambi i casi è stata revisionata ed integrata la ferramenta di ritegno.
Non sono stati realizzati cordoli in c.a. ma , dove risultava necessario, le murature d’ambito sono state “cerchiate” con profili metallici ancorati con iniezioni armate ai sodi murari.
Nel primo lotto la media orditura è stata parzialmente sostituita mentre nel secondo si è riusciti a conservarla. Analogamente ci si è comportati con la piccola orditura solo in parte cambiata utilizzando elementi in legno di essenza forte. Si è infine rimontato il manto in coppi previa posa in opera una rasatura armata con relativo strato impermeabile prefabbricato.
Il sistema di allontanamento delle acque meteoriche è stato in parte rivisto anche se alcuni vizi di impostazione non si sono potuti correggere.
Per rendere il sottotetto posto sul corpo di fabbrica a strapiombo accessibile alle manutenzioni, l’estradosso del cassettonato è stato prima restaurato poi, al di sopra di questo, è stato posto in opera un tavolato ordito ortogonalmente al primo ottenendo così una struttura più rigida.
Una volta protetti i colli dei muri si è intervenuti sui sodi murari cosolidandoli tramite iniezioni di boiacca fluida , in prossimità dei cantonali inoltre sono state eseguite puntuali cuciture armate con barre filettate in acciaio inox.
I paramenti in pietra sono stati puliti dalle impurità superficiali (macchie dovute a precedenti interventi, muschi e licheni) mediante lavaggi con acqua nebulizzata spruzzata da appositi atomizzatori a pressione controllata, intervallando tale intervento con impacchi di pasta assorbente dove lo sporco risultava più tenace. Le pietre sono state poi consolidate con resine incolori monocomponenti a base di estere etilico di silice ad alto potere di penetrazione ed alta permeabilità al vapore date mediante tamponamento con pennelli sino al rifiuto del materiale trattato. Da ultimo è stato steso un protettivo dato a pennello sull’ intera superficie muraria; durante l’applicazione del protettivo si sono protetti i letti ed i giunti del paramento, ristilati succcessivamente, permettendo così una migliore presa delle malte.
I lavori a tutt’oggi risultano ancora una volta sospesi per mancanza di fondi ma i problemi sia strutturali sia relativi alla conservazione dei materiali non sono ancora risolti: le coperture rimangono in parte ancora da completare come pure le opere di consolidamento delle murature verticali. Analogamente va segnalata la necessità di una verifica sia delle strutture orizzontali che di quelle spingenti per non parlare poi dell’urgenza di interventi sia alle modanature in arenaria presenti all’interno ed all’esterno della rocca sia al ciclo di pitture conservate all’interno del torrioncino poligonale.
La stessa rete impiantistica – idrica ed elettrica -andrebbe risistemata ed adeguata alle normative vigenti in concomitanza delle opere di conservazione del manufatto come già previsto nel nostro progetto generale dell’ 87.
Purtroppo la continua parcellizzazione di finanziamenti spesso obbliga come si è detto ad operare scelte di cantiere non sempre coerenti con i progetti generali quando addirittura non si arriva allo spreco di denaro; basti pensare a riprova di questo che nel primo lotto anziché smontare il ponteggio a sbalzo sul dirupo lo si sarebbe potuto proseguire sul lato sud-ovest per continuare i lavori con notevoli risparmi sugli oneri di impianto di cantiere mentre nel secondo lotto con lo stesso ponteggio allestito per accedere alle coperture del torrioncino si sarebbe potuto anche operare sui paramenti di questo corpo di fabbrica.