Abstract
Il sorgere di una nuova cultura artistica sul litorale romagnolo, trasforma il panorama delle abitazioni che dal 1900 al 1925 aumentano sulla costa romagnola in maniera febbrile.
Il villino è la tipologia edilizia più costruita sul litorale; il suo schema decorativo, qualunque sia il materiale utilizzato, è ripetuto, ed è significativo dell’uniformità che si vuole mantenere nel paesaggio.
Su tutto il litorale, in questi 25 anni , l’incremento dei diversi settori dell’artigianato è dovuto alla moda del momento in cui hanno parte importante gli oggetti fatti a mano, dove l’intervento manuale e l’elaborazione personale dell’artigiano hanno un peso notevole sul risultato formale.
Le località Cesenatico, Viserba, Rimini e Riccione sono avvicinate da questo sviluppo, e dall’ utilizzo dei medesimi materiali nelle decorazioni create da artigiani locali, che incrementano la produzione ricercando tecniche di costruzione sempre più evolute.
Nella maggior parte dei casi rimane immutato lo schema delle facciate, e si ripetono gli elementi ornamentali annessi all’edificio, come cancellate, fioriere fontane e sedute, utilizzati anche negli anni successivi alla I Guerra Mondiale.
La tesi è stata mirata alla conoscenza delle tecniche utilizzate nella costruzione degli ornamenti, composti in legno, ceramica, ferro e cemento e all’analisi della costruzione e dello stato di conservazione delle decorazioni di quattro villini, scelti in quattro differenti zone del litorale e costruiti in momenti diversi del primo quarto di secolo del 1900 : Villa Fiorita, Rimini primi ‘900, Villa Gay, Cesenatico 1906 Villa Lydia, Viserba 1921 Villa Franceschi, Riccione 1920.
Il legno
Considerato un materiale da utilizzare per opere che sarebbero state smantellate e rinnovate nel ciclo di pochi anni, nei villini la sua funzione strutturale si riduce alla copertura, e quella decorativa, solitamente, sempre alla sommità della costruzione ad abbellire lo sporto di gronda. Il suo impiego strutturale, per la forte umidità delle zone balneari, si trova in costruzioni temporanee: piattaforme costruite sul mare e collegate agli stabilimenti idroterapici (dove la sua resistenza veniva aumentata da trattamenti impermeabilizzanti), cabine, utilizzate dai bagnanti sulla spiaggia, chioschi, frequenti sul litorale e quegli spazi utilizzati per il divertimento, come teatri e sale da ballo.
Esempi di coperture di legno sono presenti ovunque, ma dove questo appare più elaborato, le sue caratteristiche di resistenza alle sollecitazioni perdono importanza, mentre ne acquista la sua lavorabilità. Negli edifici di maggiore rappresentanza l’intaglio è curato fino a ottenere decorazioni pari a quelle ottenute dall’utilizzo di materiali fluidi.
Le poche testimonianze che rimangono fino ad oggi, dimostrano che anche la tecnica del ritaglio a disegno, insieme all’intaglio, è una delle più usate. Le frange applicate alla gronda dei tetti a capanna erano così ottenute e successivamente verniciate.
Il ferro battuto
Rivalutato a livello nazionale ed internazionale, il ferro battuto deve la sua rinascita in questo periodo allo stile floreale, che richiede una raffigurazione complessa e articolata.
Gli artieri più nobili della regione ebbero immediatamente ordinativi da privati e da pubbliche amministrazioni per opere precedentemente commissionate in ghisa, perché si comprende la validità estetica di pezzi artigianali creati con il metallo in precedenza accantonato. Mentre nelle grandi città italiane nascono gare di virtuosismo senza precedenti, alle quali il liberty si presta magnificamente, a Rimini però, non si riesce a sviluppare, se non in rari casi, il nuovo stile in profondità. La richiesta di cancellate e inferriate è consistente, ma la decorazione floreale rimane saltuaria e appena accennata.
I modelli decorativi seguiti sono sicuramente i più semplici e gli esempi della zona lasciano intravedere la voglia di rinnovamento, ma sempre velata dalla tradizione.
Ne sono testimonianza i progetti di cancellate i cui originali purtroppo sono andati distrutti, dove si coglie anche nel secondo decennio del ‘900, l’utilizzo di forme decorative legate al passato. Riccioli e lance come parti terminali delle aste, aste prive di decorazioni e semplici circonferenze sono gli elementi più ricorrenti.
Viserba, Riccione e Cesenatico si avvicinano molto di più ai modelli diffusi nell’epoca; non più semplici riccioli o lance, ma terminali battuti fino a ottenere forme vegetali, intrecci di curve e applicazioni di fiori in lamiera stampata; e ancora, chiusure basamentali non solo in semplice lamiera piena o stirata, ma decorata a rilievo, stampata e ad intaglio floreale. Anche le inferriate e le pensiline cambiano i caratteri; le curve ondulate ne alleggeriscono spesso la struttura e le balaustre dei balconi diventano più assottigliate e sinuose.
La ceramica
La casa borghese accetta anche questo nuovo tipo di rivestimento, che fa parte di una produzione illimitata quanto a numero, ma che crea sempre, manufatti ad alto livello.
Le piastrelle diventano di rigore, dentro e fuori, nei bagni, nella cucine, nelle scale, negli androni e soprattutto nelle facciate. Prodotte industrialmente con disegni a stampa, talora con effetti pittorici fastosi, solo raramente sono dipinte a mano. La produzione dell’epoca vede un’offerta assai varia; dalle piastrelle singole a quelle che assemblate formano anche motivi di imponenti dimensioni, alle placche rotonde, ovali, rettangolari; si può dire che quasi tutti i modelli decorativi liberty vengono rielaborati e riproposti.
Tra gli artigiani, per la copiosità di opere e l’originalità del gusto e per le loro spiccate relazioni con l’Art Nouveau, si distinguono Galileo e Chino Chini, operanti a Firenze già dal 1896 quando fondarono la ditta “L’Arte della ceramica”. I contatti di Galileo Chini con la Romagna risalgono al 1907e 1908 quando partecipa, ( nel 1907 riceverà una medaglia d’oro), ad una esposizione faentina, e al 1921 alle Esposizioni Romagnole Riunite di Forlì.
La testimonianza della sua presenza è data da un villino, costruito a Viserba nel 1921, la cui facciata principale è arricchita da fregi prodotti dalla manifattura di San Lorenzo, fondata da Galileo nel 1907.
Anche nel catalogo della Manifattura Cantagalli di Firenze risalente al 1907 è possibile riconoscere un fregio utilizzato in un villino di Cesenatico (1906); i fregi venivano ordinati per corrispondenza e montati da mano d’opera locale.
Il cemento
L’uso della pietra artificiale si diffuse in Italia allo scadere dell’’800, contemporaneamente al più vasto impiego del cemento. Usato soprattutto per motivi economici, questa tecnica rispondeva in maniera semplice ed efficace alla domanda di finiture plastiche e sinuose dettata dal nuovo stile. Non a caso allora, l’utilizzo di questo materiale prese piede sul litorale. I rivestimenti, le cornici, le balaustre in un materiale difficile da distinguere dalla pietra imitata, economica e semplice da modellare, erano certamente le decorazioni più adatte ad arricchire edifici frivoli e provvisori, ma testimoni dell’alto stato sociale dei proprietari. In breve tempo molti artigiani si specializzarono in questo tipo di lavorazione, modificandola e personalizzandone i risultati. E anche se determinarono il successo del materiale, ne provocarono la scomparsa, tenendo segrete le ricette degli impasti e causando così la perdita delle conquiste tecniche ottenute. Anche per l’utilizzo di questo materiale furono pubblicati questi modelli facili da seguire per l’artigiano. Nei manuali venne introdotto un nuovo capitolo accanto alla pietra naturale da rivestimento, dove venivano specificati alcuni tipi di impasti artificiali, forse i più comuni e le relative tecniche di produzione del manufatto, posto in opera o prodotto fuori opera.
Gli autori consigliavano l’uso del materiale sia per la sua economicità che per la sua resistenza alle sollecitazioni che superava quella di alcune pietre naturali. Veniva consigliato l’annegamento delle armature in ferro in fase di costruzione, che possono favorire la resistenza, e la stagionatura completa dei pezzi prima del collocamento in opera, perché non si sfaldassero in superficie. Gli impasti erano descritti con grande attenzione nel dosaggio dei vari elementi e suddivisi anche per resistenza. La distinzione principale era dettata dal legante utilizzato: la calce o il cemento.
Gli impasti ottenuti con l’uso della calce erano meno resistenti di quelli cementizi e l’elemento così ottenuto necessitava, se posto in opera, delle rifiniture prima della presa per evitare la sfaldatura e la rottura del manufatto. Non era consigliabile l’utilizzo di questo impasto anche nei grossi spessori, per cui generalmente veniva impiegato solo per rivestimenti posti in opera e non per elementi decorativi ottenuti con lo stampo.
La maggior parte degli esempi ricorrenti in tanti villini sono stati evidentemente ottenuti con la tecnica dello stampo. Cornicioni e rivestimenti a bugnato sono probabilmente le poche decorazioni posate in opera.
In esempi come Villa Fiorita a Rimini, le modanature diagonali di facciate che imitano il legno utilizzato in chalet francesi, sono costituite da malta cementizia modellata con il “modine” (strumento in legno e ferro che fatto scorrere parallelamente a se stesso costruiva linee perfette), e il rivestimento basamentale di Villa Gay a Cesenatico è composto da malta cementizia e ghiaia spruzzata a mano e sempre rifinita tramite l’uso del medesimo strumento. Questi esempi sono limitati e la preferenza generale era una decorazione più ricca e vicina al “floreale”. I mascheroni e le cornici ormai degradate lasciano intravedere i materiali utilizzati: malta cementizia, inerti di grossa pezzatura e graniglia di marmo.
Anche se gli artigiani non ricercavano differenti colorazioni e si limitavano all’utilizzo di così pochi tipi di impasto, riuscirono a donare agli edifici quel carattere di rinnovamento, creando vere e proprie sculture.